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L'Editoriale » Il fumetto digitale non serve a niente (prima parte)

ipaddi Alessandro Bottero

Bel titolo eh? Chiaro, netto, preciso. Magari un po’ enfatico, ma sapete come devono essere i titoli. Devono catturare l’attenzione. Chiarito questo, veniamo al dunque: il fumetto digitale non serve a niente. Lo dico e lo ripeto.

Passo indietro.

La crisi dell’editoria è un dato. E non parlo solo di fumetti, parlo di libri. Parlo di prenotati in libreria che bene che va sono il 15% di quanto erano dieci anni fa. Parlo di libri che nel loro ciclo vitale arrivano a vendere in tutta Italia, nel circuito delle librerie di varia 200 o 300 copie. Parlo di un settore dove escono ogni anno sempre più titoli (siamo attorno a 58.000 libri pubblicati all’anno), perché gli editori sono vittime del terribile meccanismo del “pubblichi o muori”.  La crisi c’è, perché la gente legge di meno (6 italiani su dieci non leggono nemmeno UN libro all’anno), e c’è perché chi compra i libri ha meno soldi del passato da poter destinare a questo tipo di acquisti. Se l’ammontare di denaro disponibile ogni mese resta immutato nel tempo, ma aumenta la benzina , aumentano i generi alimentari, aumentano le spese per i trasporti, aumentano le utenze, è chiaro che a un insieme finito (l’ammontare di denaro disponibile) l’aumento dei sotto insiemi (le singole voci di spesa) erode il cosiddetto “residuo”, ossia i soldi che restano a disposizione dopo aver pagato le spese. Se io guadagno 1.000, e le spese sono 400, mi restano 600 da destinare ad acquisti non-necessari. Ma se le spese salgono a 600, allora mi restano solo 400. E devo rinunciare a qualcosa. Questo non è pessimismo. È pura matematica, o se volete, semplicemente il vedere come stanno le cose.

Allora l’editoria è in crisi. I libri si vendono poco, perché più si abbassano i venduti più alzi i prezzi, per cercare di ricavare più o meno lo stesso, e quindi che si fa? Si spera di attirare nuovi lettori. SI spera in nuove forme di vendita. Si spera in qualcosa di nuovo, che cambi le cose e ci faccia tornare alla terra promessa.

E a questo punto si sviluppa la tecnologia che permette la trasmissione dei dati. SI sviluppa in u mix di tecnologia informatica, tecnologia di comunicazioni, e tecnologia del design. Ossia si trovano modi per far arrivare  quell’insieme di contenuti che corrispondeva al nome in codice “libro”, in altri ambienti, come ad esempio…..uno schermo!

L’e-book! Ecco il futuro. Il ragionamento è semplice: “cos’è che hanno tutti? Un cellulare. Allora cerchiamo di piazzare i libri sul cellulare!”. Ma dieci anni fa non era possibile (sì, miei cari lettori….il dibattito sull’e-book e i fumetti in digitale non è storia del 2011. È dalla fine degli anni ’90 che se ne parla, oltre dieci anni fa.) e si proponevano cose “simili” al cellulare, per leggere dei libri. Nel 2001 al salone del libro di Torino c’era un padiglione apposito, dedicato agli e-book, con i primi modelli “portatili” di lettore di e-book. 2001. Non l’altro ieri. Dieci anni fa.

In dieci anni il mercato dell’e-book non è mai decollato. E non è vero che le grandi case editrici non ci hanno provato. Non è vero. Hanno provato e riprovato, ma il punto è uno: l’e-book non attira nuovi lettori, quindi i margini di guadagno sono marginali. Marginali per l’editore e per l’autore. Ora, che l’autore guadagni  zero o poco più dalla vendita dell’e-book, all’editore non gliene frega assolutamente nulla.  Togliamoci dalla testa l’idea che gli editori si preoccupino se gli autori non guadagnano. La preoccupazione dell’editore è se LUI non guadagna. Punto. La preoccupazione Mondadori non è se l’autore dell’e-book ricava poco dalla vendita. La preoccupazione è se MONDADORI ricava poco dalla vendita. E la stessa cosa vale per gli altri editori.

Siccome gli e-book e i fumetti in digitale si vendono a prezzi molto più bassi del corrispettivo cartaceo, è chiaro come sia necessario venderne molti di più. Mi spiego meglio. Un libro costa 10 euri. Ne vendo 1000. Incasso lordo 10.000 euri. All’editore quel libro darà un ricavo di (diciamo) 2.000 euri.

E-book corrispettivo del libro di carta. Costo 3 euri. Se anche ne vendi 1000 incassi 3.000 euri, e l’editore NON ricava (diciamo) 2.000 euri.

La cosa poi va anche peggio se vendiamo il libro sugli Apple Store. Il prezzo è circa 1.79 euri. Tolta la percentuale che si tiene Apple, e tolte le spese, ma quante cavolo di copie devi vendere di questo dannato e-book nell’Apple Store, per ricavare non dico tanto ma 100 euri? Parecchie.

E qui veniamo a un altro punto: tu leggi un libro in digitale, SOLO se prima eri (o sei ancora) un lettore di libri/riviste/fumetti su carta.  Al limite tu LASCI la carta per passare totalmente alla lettura in digitale, tramite tablet, o iPad , iPhone, iUnaccidentechetisiporta, ma se uno faceva parte di quei famosi 6 italiani su 10 che non leggono, NON si tramuterà in un lettore solo perché ha speso 800 euri per comprare un iPad.

O sei un lettore, o non lo sei.

Al limite ci saranno persone che acquisteranno una versione digitale, di fumetti che già hanno letto in formato cartaceo, ma  il fumetto digitale NON attirerà masse di nuovi lettori. I 6 italiani su 10 che non leggono, continueranno a non leggere, perché non è uno STRUMENTO tecnico a risolvere un problema di APPROCCIO MENTALE. Se io ho come configurazione mentale una disistima, o una indifferenza verso la lettura, non sarà la novità tecnologica a ribaltare questa configurazione. Nel brevissimo periodo ci può essere un approccio “novità”, per cui PROVO il fumetto digitale, il libro digitale, ma è semplicemente un modo per “testare le potenzialità dell’oggetto”, non un utilizzo dell’oggetto con un fine specifico. “hai visto che fico? Guarda che posso fare con l’iPhone! Ci posso anche leggere i fumetti. Ho scaricato questo che è una forza!”. E poi finisce lì. SI ha un oggetto, lo si usa esplorando per curiosità ANCHE questa possibilità di utilizzo, ma non per questo si diventa lettori, se prima non lo si era.

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