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L'Editoriale. Eurovision Song Contest 2017: considerazioni

GabbaniDi Alessandro Bottero.

Come dicevo il giorno dopo la sua vittoria a Sanremo, la canzone di Gabbani non aveva possibilità di vincere all’Eurovision Song Contest. E infatti è arrivata sesta. Ora il punto è… perché? La risposta è semplice: perché malgrado l’enfasi quasi ossessiva con cui la RAI ha promosso la canzone nelle ultime settimane, e malgrado i toni quasi da crociata con cui i commentatori su RAI 4 e poi RAI 1 hanno fornito una visione dell’evento Gabbano-centrico in modo a dir poco imbarazzante, la canzone non era all’altezza delle cinque che l’hanno preceduta. Ecco una serie di errori commessi: -Aver pensato che bastassero le visualizzazioni GRATUITE su YouTube e gli I Like GRATUITI su Facebook. Visualizzazioni e MI PIACE sono cose gratuite. Votare col telefonino invece ha un costo, più o meno di 50 centesimi a voto, circa due euro e mezzo. Ecco la conferma che i numeri del GRATUITO poi non si travasano MAI nel mondo del PAGARE. Vale per YouTube, vale per i fumetti, vale per tutto. -Essersi scordati che “Chi entra Papa in conclave esce Cardinale”, ed aver dato quasi per sicuro che Gabbani avrebbe vinto, costruendo quindi una narrazione per cui è il pubblico cattivo a non aver voluto la vittoria – dovuta – della nostra canzone -Non aver capito che la realizzazione di un brano commerciale ai livelli dell’Eurovision Song Contest, ossia a livelli di spettacolo televisivo di serie A, non è la stessa cosa di Sanremo. Sanremo e l’intrattenimento televisivo musicale in Italia rispetto all’Eurovision Song Contest è un evento che potremmo definire “Festa Patronale”.  L’Eurovision Song Contest è una cosa  studiata nei minimi dettagli. A parte l’esibizione del Portogallo (anche qui molto meno improvvisata e “povera” di quel che si crede. Dietro c’è una produzione raffinatissima e molto coraggiosa), se esaminiamo senza preconcetti le esibizioni di Bulgaria (2), Moldavia (3), Belgio (4), Svezia (5)  ci sono elementi  precisi che mancavano in quella italiana:  voce potente (2, 4, 5), uso delel luci di impatto a 360 gradi sul palco e non solo estetico in 2D sullo sfondo (2, 4), accompagnatori al cantante che facevano qualcosa (3, 5) , trucchi scenici presenti per tutta la durata del brano e non solo una parte (3, 5) , produzione impeccabile con lo sguardo al mercato europeo e non a quello italiano (2,3,4,5). Lo ha detto molto bene il Fatto Quotidiano: il pop fatto bene è una cosa seria. E in Italia a paragone dell’Europa il pop non è serio. Se sei paesi presenti in finale su 26 si erano affidati a team di produzione  svedesi, o comunque con agganci in Svezia un motivo c’è: oggi i maggiori produttori di Euro Dance o Euro Pop sono in Svezia. -Altro errore è stato credere che chi vince a Sanremo di per sé sia perfetto anche per l’Eurovision Song Contest. Questo è sbagliato. Sanremo segue logiche precise, perfette per Sanremo. Ma che non vanno bene per altri eventi. Una cosa a cui nessuno pensa  - e stavolta è un elemento MOLTO positivo - è però questo. Cinque paesi sono ammessi di diritto in finale, ossia non devono preoccuparsi di competere con altri per accedere al momento conclusivo. Questo di fatto toglie sprone. Se sai che anche se porti Alessandro Bottero che canta gli stornelli di Nonna Pina vai in finale non ti preoccupi troppo. Se invece devi SUDARE per arrivare in finale ti metti lì e le pensi tutte. Quindi l’accesso diretto alla finale in un certo senso “rammollisce”. Detto questo dei cinque paesi che accedono direttamente alla finale dal 2011, ossia da quando l’Italia è rientrata in gioco, l’Italia è quello che è andato meglio (2011 secondo, 2012 nona, 2013 settimo, 2014 ventunesima, 2015 – terzi, 2016 sedicesimi, 2017 sesti) . Le altre – Francia, Germania, Spagna UK – complessivamente sono andate tutte peggio. Ossia voglio dire che malgrado una non comprensione di cosa sia l’Eurovision Song Contest, c’è una base di qualità innata che fa sì che la canzone italiana  riesca a coinvolgere il pubblico. Si deve partire da qui. Si deve partire dal fatto che c’è una base forte di presa, e aggiungere al TALENTO innato la TECNICA produttiva e la COMPRENSIONE profonda di cosa sia l’evento a cui si partecipa. In sintesi: le capacità ci sono, ma non sono gestite in modo scientifico e si procede sulla base di teorie sbagliate e convinzioni provinciali. E veniamo al portogallo. È un dato di fatto che la vittoria del Portogallo con questa canzone va contro tutto quello che si insegna come  legge dogmatica.  Si dice che l’ESC è solo Trash, solo fuoco di artificio, solo fuffa per abbacinare gli spettatori. E poi vince una canzone minimalista, solo voce e piano senza NULLA di scenografico se non l’interprete. Niente giochi di luci, niente ballerini, niente  fuochi di artificio, niente scimmioni. Niente. Solo una voce esile e INTONATA che racconta una storia, interpretandola secondo uno stile minimalista e non roboante o urlato. Ossia ha vinto l’outsider, perché l’outsider ha conquistato il pubblico che lo ha votato. E se ci si pensa era successa la stessa cosa nel 2016. Aveva vinto Jamala per l’Ucraina con un brano fortemente politico che parlava di un evento storico dell’Ucraina. Uno poteva dire “ma che cazzo gliene frega a un portoghese di cosa è successo nel 1944 ai Tatari dell’Ucraina? Perché lo dovrebbe votare?” l’elemento in comune tra le canzoni vincitrici nel 2016 e nel 2017 è l’INTERPRETAZIONE. Sia Jamala che Salvador Sobral hanno messo in scena sul palco tre minuti dove la loro voce colpiva, non tanto cosa accadeva al di là della voce. Se uno osservava bene l’esibizione di Salvador Sobral e andava al di là delle battute sceme  tipo “ecco uno sfigatello con il codino”, o “Ha le spalline più larghe di tutto l’ESC”, coglieva che c’era una storia che Sobral stava interpretando, e che le mosse, i movimenti, le facce erano le varie situazioni e i vari personaggi della canzone. Marco Mengoni nel 2013 aveva anche lui optato per una esibizione basata solo sulla voce con il brano L’Essenziale, ma non aveva interpretato. Aveva solo scelto una scenografia minimale. Solo lui in scena con una luce e basta. Ma Mengoni cantava. Sobral interpretava la canzone. E sono due cose diverse.  Allora la lezione per la RAI e il mondo del pop italiano è chiara. Ci sono due modi di imporsi all’ESC: una produzione pop da blockbuster o un’interpretazione che ponga la canzone al centro assoluto di tutto non solo come cantato, ma come storia narrata agli spettatori con il canto, il corpo, gli occhi, tutto se stessi. La prima strada è quella più usata dai vincitori dell’ESC. La seconda è molto più difficile e il rischio di fare un flop epocale è molto più alto, ma come dimostra la vittoria di Sobral è una possibilità. Solo che a questo punto un cantante deve anche essere un interprete capace di catturare i cuori di spettatori di 43 nazioni diverse, e in Italia ce ne sono molto pochi.

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