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Crumb il fumettista ribelle mette a nudo il suo cuore

crumb autoritrattodi Giuseppe Pollicelli*

Ci sono artisti il cui segno è così incisivo, così nuovo, così compiuto e coerente da fissarsi anche nella mente dell’osservatore occasionale. Il quale, con ogni probabilità, non saprà mai a chi quel segno appartenga, ma grazie a quel segno avrà ottenuto un arricchimento, per quanto inconsapevole, del proprio immaginario. Per esempio, quante persone nel mondo sanno che le colorate e stilizzatissime silhouette umane da cui si irraggiano dei neri trattini indicanti sorpresa, energia e movimento (riprese e rielaborate chissà quante volte e in chissà quanti modi dalla pubblicità, dal design, dalla street art) sono un parto di Keith Haring, uno dei maggiori esponenti del graffitismo e della pittura pop novecenteschi? Certo molto poche, in termini assoluti. Ma quelle silhouette sono patrimonio anche di chi ne ignora l’origine.

Un caso simile è quello del fumettista Robert Crumb, nato a Philadelphia nel 1943 e attivo già dalla prima metà degli anni Sessanta. Quando, nelle fasi aurorali della contestazione giovanile, i comics iniziarono a essere percepiti come un mezzo d’espressione innovativo e non accademico, come un linguaggio intrinsecamente trasgressivo poiché negletto dalla cultura istituzionale, sorse in America il cosiddetto “fumetto underground”. Se questo disordinato e caotico movimento ha saputo lasciare un segno non superficiale nella storia dell’arte del secolo scorso, il merito è in massima parte proprio di Crumb e del suo squinternato mondo fatto di animali antropomorfi dediti alle droghe e al sesso (Fritz the Cat), di santoni dalla condotta ambigua (Mr Natural), di freaks senza né arte né parte, di suonatori jazz e di ragazzone dai polpacci vigorosi che indossano una specie di uniforme a base di gonnellini, calzettoni e scarpe da collegio (autentica fissazione erotica di Crumb). Nelle migliaia di tavole a fumetti prodotte in quasi cinquant’anni di carriera, Crumb ha riversato le sue ossessioni, le sue angosce, i suoi deliri e la sua movimentata biografia (divenuta, nel 1994, il soggetto di un documentario di Terry Zwigoff intitolato semplicemente Crumb), tratteggiando così uno spaccato potente e veritiero - per quanto alterato e grottesco - dell’America non riconciliata e più marginale. Ma la vera eccellenza del nostro è rappresentata, come detto, dal disegno: è quest’ultimo ad avere reso Crumb un gigante dei comics. Il suo stile morbido, fatto di contorni spessi, fittissimi tratteggi e continue derive nel pupazzettistico (il nume indiscusso di Crumb è Elzie C. Segar, il creatore di Popeye) anche quando, felicemente, sceglie la strada del realismo, non è solo l’emblema del fumetto underground, è anche una “cifra” saccheggiata - continuamente e dappertutto - da grafici, designer, pubblicitari e cartellonisti. A celebrare la maestria grafica di Crumb provvede ora Il cuore di R. Crumb (Ed. Castelvecchi, pp. 128, euro 17,50), un bel libro di illustrazioni in bianco e nero di argomento vario: ritratti di volti, nudi femminili, paesaggi urbani e rurali, animali ecc. Il volume è la versione italiana di un’antologia uscita negli Usa con il titolo The Sweeter Side of R. Crumb (“Il lato più dolce di R. Crumb”), proprio perché i disegni in essa contenuti presentano soggetti insolitamente ameni. Ma il titolo italiano si fa sicuramente preferire. Crumb è infatti uno dei non molti artisti che, in ogni lavoro, mettono l’anima e le viscere. Di Crumb si può esser certi che, quando scrive e disegna, lo fa sempre e soltanto con il cuore in mano.

*articolo pubblicato originariamente su “Libero” del 24 maggio 2012. Per gentile concessione dell'autore. Nell'immagine: Crumb, autoritratto, 1986.

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