Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
Dal 2008 il Magazine della Nona Arte e dintorni - Vers. 3.0 - Direttore: Alessandro Bottero
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Et in Arcadia Ego: intervista a Mario Taccolini

arcadia

di Alessandro Bottero

Mario Taccolini: un uomo, un pazzo. Uno che da lettore prima apre una fumetteria, e poi addirittura diventa editore. Ma anche una persona per cui ho rispetto e stima. Forse perché tra pazzi ci si intende. Stima e rispetto per la volontà di dare voce ad alcune storie, che altrimenti sarebbero restate nei cassetti degli autori. Per il suo sbattersi a fare le fiere, tutte, anche quelle piccole, dove gli euri te li sudi uno ad uno. L’ho rivisto a Fullcomics 2010, a Sarzana, ed ho avuto una folgorazione: lo intervisterò!!!! E detto fatto, ecco cosa ha detto. Leggete, popolo, e tenete a mente che la casa editrice Arcadia merita il sostegno di tutti.

Prendiamola alla lontana. Da bambino leggevi fumetti, o ti dedicavi solo a testi di filosofia kantiana? E se sì quali?

Da bambino, come un po’ tutti, ho approfondito a lungo la filosofia kantiana, però ho anche trovato il tempo di leggere qualche fumetto… Geppo e Braccio di Ferro, poi i supereroi della Corno: mi piacevano l’Uomo Ragno, Devil, Conan, Shang-Chi e il Dracula di Colan. Poco prima dei dieci anni mi sono innamorato di Zagor; tra i personaggi della mia infanzia non posso non segnalare Maschera Nera, Akim e Il Piccolo Ranger.

Si sa, i bambini crescono. È presumibile che tu abbia continuato a leggere fumetti. Cosa ricordi di quando eri un lettore “puro”, ossia uno che leggeva e basta?

La scoperta della prima fumetteria, che mi apparve come il Paese dei Balocchi, le ore passate ad aggiornare il quaderno con le mancoliste, la mia prima Lucca (1990: in treno e con una gamba ingessata), l’arrivo dei manga, la scoperta di Ortolani su Made in USA e di Enoch su L’Intrepido, il mio primo comic book in inglese (un numero dei F4 scovato per caso in una libreria che trattava solo usato), la curiosità davanti al numero uno di Dragon Ball, primo manga stampato “al contrario”…

A un certo punto hai deciso di aprire una fumetteria. Perché, quando ci sono modo più veloci e meno stressanti di guadagnarsi da vivere, tipo fare il contractor in medio oriente?

All’inizio era quasi un gioco: tre ragazzi che, dopo la chiusura della loro fanzine, acquistano un negozio di fumetti per capire se è possibile guadagnarsi da vivere grazie alla loro passione. Purtroppo la fumetteria si è rivelata tutto tranne che una macchina da soldi, e ci siamo resi conto presto che sarebbero serviti impegno e ore, e ore, e ore di lavoro, per arrivare a guadagni quasi decenti. Dopo un paio d’anni il primo socio se n’è scappato: all’inizio lo prendevo addirittura in giro, adesso lo invidio. Due anni fa, vista la situazione economica tutt’altro che rosea, ho liquidato anche l’altro socio: la separazione, per usare un eufemismo, non è stata indolore.

Com’era il mondo delle fumetterie quando hai iniziato? E ora? È cambiato qualcosa? Che “trend” hai visto passare in tutti questi anni?

In dieci anni la mia è passata dall’essere una fumetteria dal fatturato risibile ad una delle più importanti a livello nazionale: per me è cambiato tutto. Ricordo l’entusiasmo quando, il sabato dell’inaugurazione, raggiungemmo i novecento euro d’incasso (come ospiti c’erano Gigi Simeoni, Giancarlo Olivares, Stefano Vietti e Bruno Bozzetto): adesso mi verrebbe una sincope, a chiudere un sabato con quell’incasso… Tieni presente che, prima del mio arrivo, la fumetteria trattava solo manga: l’articolo più venduto erano le videocassette di Evangelion. Ricordo come provai a spingere il numero uno di Dampyr, appena uscito, e gli sguardi straniti dei clienti abituali della precedente gestione… La Panini era ancora agli inizi, nel settore manga, e nulla lasciava presagire la quantità di titoli che propone oggi. Cosa è cambiato? Sono sparite case editrici storiche, come la Comic Art e la Play Press, e ne sono arrivate altre. E’ il cerchio della vita. Certo che non si erano mai viste tante case editrici come adesso: dalle “nuove grandi” (Planeta, Jpop) a quelle ormai profondamente radicate in fumetteria come 001, Coconino e Flashbook, ad una quantità enorme di piccole e piccolissime realtà editoriali, di cui parecchie davvero interessanti.

Qual è stato il flop più clamoroso da parte di una proposta editoriale nella tua fumetteria? E il successo più fantasmagorico?

Grandi flop non me ne ricordo: ci sono stati parecchi “discreti insuccessi”, ma nulla di eclatante. Fallimenti annunciati parecchi, come i Marvel Masterworks e gli Spider Riders della Star. Eclatante, invece, è stato il successo di Death Note: un fenomeno di proporzioni enormi che la Panini sperava probabilmente di replicare con Soul Eater (ottime vendite, ma molto distanti da quelle di DN).

Alla resa dei conti, stringi stringi… vale ancora la pena aprire una fumetteria oggi?

Assolutamente no. E non lo dico per spaventare qualcuno o per difendere la “casta”, ma perché è un dato di fatto: le fumetterie sono TUTTE in crisi e non credo di essere molto lontano dal vero sostenendo che, tra un anno o due, il loro numero si ridurrà drasticamente. Tra l’altro, sono sempre più convinto che il fumetto su supporto cartaceo non durerà ancora molto, almeno come fenomeno di massa.

Poi a un certo punto il Mario Taccolini lettore & negoziante ha deciso di diventare anche editore in prima persona, fondando la casa editrice Arcadia. Ricordo il tuo debutto a Romics nel 2006 (o era il 2007??). Perché l’hai fatto?

Era il 2007! L’ho fatto perché ero affascinato dall’avventura. Ed è stata l’amicizia a spingermi ad osare: amicizia con Maurizio Rosenzweig e Bruno Brindisi, principalmente, ma poi con tutti (o quasi!) gli autori che hanno collaborato con noi nei primi tempi. Fu Maurizio a convincermi a studiare un “personaggio del negozio”, che poi sarebbe diventato GIADA: l’idea iniziale era quella di proporre agli autori ospiti di disegnare una pagina di questo personaggio. Quando ci siamo resi conto che il progetto era irrealizzabile ci eravamo già troppo affezionati a Giada e abbiamo deciso di “fondare” la casa editrice.

Arcadia si è contraddistinta da subito per dare moltissimo spazio ad autori italiani, con proposte di ottimo livello. Cos’è che non avresti fatto, e cos’è di cui invece sei fiero e rifaresti esattamente nello stesso modo?

La cosa che più mi rimprovero è la scarsa cura grafica dei primi albi: per risparmiare pochi euro si era deciso di fare tutto in casa, con risultati orripilanti. Il lettering di 4 Volti della Paura e un po’ tutto il primo numero di Giada (copertina, font, balloon…) sono davvero inguardabili, senza contare gli scempi fatti con le scansioni di Maisha. Abbiamo pubblicato albi assolutamente professionali per storia, disegni e copertina, ma amatoriali dal punto di vista grafico, creando un pessimo “biglietto da visita” alla casa editrice. E la cosa assurda è che, alla fine, avremmo risparmiato molto di più affidandoci ad un grafico professionista! Sono anche convinto della necessità di cambiare il formato delle mie pubblicazioni.

Per il resto: sono estremamente fiero di tutto quello che ho pubblicato. Certo: alcune storie sono più riuscite di altre, alcuni disegnatori si sono dimostrati meno azzeccati di altri… ma nel nostro primo albo abbiamo pubblicato Sergio Ponchione, che era solo all’inizio del percorso artistico che gli ha permesso di vincere il Gran Guinigi quest’anno, e Mirko Pierfederici, ora apprezzato copertinista della Marvel, e poi abbiamo collaborato con una lista impressionante di grandi autori italiani: Giancarlo Olivares, Federico Memola, Bruno Brindisi, Walter Venturi, Riccardo Burchielli, Marco Turini, Giuseppe Di Bernardo, Roberto Recchioni, Alessio Fortunato, Giorgio Pontrelli, Mario Alberti, Marco Checchetto, Susanna Raule, Armando Rossi, Luigi Siniscalchi, Enea Riboldi, Matteo Cremona, Francesca e Michela Da Sacco, Diego Cajelli, Francesco Matteuzzi, Stefano Caselli, Guglielmo Signora, Werther Dell’Edera: come potrei non esserne orgoglioso? Trovo dei piccoli difetti in tutto quello che ho fatto, e tornando indietro li correggerei, ma in linea di massima rifarei tutto come prima, da metà 2008 in poi.

Un progetto a cui tengo molto è ARCADIA PRESENTA, un antologico in tre numeri che miscela autori conosciuti ed ottimi esordienti (Emanuela Lupacchino e Moreno Dinisio, nel primo numero), “nostri” personaggi (Giada, Maisha, L’Insonne) con ripescaggi eccellenti come La Stirpe di Elan, nuove serie (ALTAMENTE IMPROBABILE, di Susanna Raule) e una striscia molto divertente come Zorflick, con la chicca di SUZIE Q, una mini di Cajelli e Spinelli che doveva essere pubblicata dieci anni fa e che gli autori hanno completato solo ora, per il nostro magazine. E sul numero tre farà il suo debutto in Casa Arcadia un personaggio davvero molto amato…

Qual è la filosofia di fondo della tua casa editrice? Perché io lettore dovrei dare parte dei miei pochi soldi ad Arcadia? In cosa i tuoi prodotti sono migliori degli altri?

Ero convinto che, sul mercato, mancasse una casa editrice disposta a credere nei progetti degli autori italiani. Poi ho scoperto il perché: produrre un fumetto costa moltissimo e non garantisce le vendite che portano gli albi tradotti. Io, poi, mi sono fissato sul voler retribuire a tutti i costi gli autori “a tavola”, scommettendo sul fatto che un buon prodotto, prima o poi, sarebbe riuscito a pagarsi. Scommessa persa miseramente, soprattutto con il formato che avevo scelto all’inizio (archi narrativi in tre albi da 48 pagine l’uno). La scelta di mantenere prezzi bassi, poi, si è rivelata una vera e propria disgrazia: se al lettore da fumetteria (e da fiera) piace il fumetto che gli proponi spende volentieri due euro in più per comprarlo. Vendo Maisha a 5 euro: 48 pagine con copertina di Marco Turini e disegni di Alessio Fortunato. Sono convinto che, se avessi scelto dall’inizio un prezzo più alto, le quantità di venduto sarebbero esattamente le stesse.

Non me la sento di dire che gli albi da me pubblicati sono migliori di quelli degli altri editori: posso però assicurare che, dietro ognuno di loro, ci sono tantissima passione, professionalità e talento (degli autori, non mio!).

Se poi vuoi una descrizione velocissima dei miei volumi: Giada è un divertente revival degli horror anni ‘80, Maisha è una storia di vampiri decisamente sui generis, Legione Stellare e L’Insonne sono testate molto conosciute che speriamo di aver valorizzato al meglio, Ford Ravenstock è un depresso cronico che spinge le persone al suicidio, Loaded Bible racconta di un Gesù che lotta contro i vampiri, i volumi di Francesca Da Sacco sono tra le storie a fumetti più poetiche che io abbia mai letto e, a breve, usciranno avventure inedite di BeLee.

Infine: perché un lettore dovrebbe darmi una parte dei suoi soldi? Beh: ho una bellissima bimba da mantenere…

L’ultima avventura degna di essere ricordata è il tuo essere diventato vicepresidente dell’AFUI, ossia l’Associazione FUmetterie Italiane. Ok, è il tuo momento. Cos’è l’AFUI, quante fumetterie ne fanno parte, perché a una fumetteria converrebbe farne parte?

L’AFUI nasce da una considerazione: le fumetterie si ritengono il vero anello debole nella distribuzione dei fumetti in Italia. Hanno poco peso proprio perché, da sole, fanno numeri troppo piccoli per incidere davvero sulle dinamiche e sull’andamento del mercato. Sentiamo che è il momento di far sentire anche la nostra voce, prima che sia troppo tardi.

Dopo i primi anni di rodaggio, da pochi mesi è partita la “fase due” dell’Associazione: sul sito gli associati possono trovare articoli, anche molto tecnici, che spaziano dai consigli sugli acquisti prima dell’apertura di un negozio a quelli per gestire il sito per la vendita on-line, dalla spiegazione dei pro e contro delle diverse scontistiche praticate ai clienti all’aiuto per districarsi negli acquisti esteri, dalle interviste ad editori e distributori, con i quali stiamo cercando di avere un dialogo il più possibile costruttivo, alla segnalazione di promozioni. Gli associati, inoltre, possono confrontarsi quotidianamente grazie al forum, che si sta rivelando uno strumento di notevole interesse e utilità.

Non posso darti il numero delle fumetterie iscritte: abbiamo deciso di divulgare questo dato solo alle librerie associate. Posso però dire che è diverso da quello che hai scritto nell’ultimo editoriale di FdA e che, in questi ultimi anni, il dialogo e le iniziative nate all’interno dell’Afui sono state enormemente utili alla mia attività.

Uno dei cavalli di battaglia dell’AFUI è la denuncia del comportamento, a vostro dire scorretto, di alcuni editori, soprattutto Panini comics, che vendendo le novità con grossi sconti alle fiere, oppure portando in fiera fumetti in uscita nei mesi successivi, vi danneggerebbero non poco. Potresti spiegare meglio al lettori di Fumetto d’Autore questo punto, e le vostre proposte, per evitare che questo accada?

Panini è il caso più eclatante, perché ci fa concorrenza diretta sia come editore che come distributore, ma ci sono tutta una serie di comportamenti, da parte di molte altre case editrici, che riteniamo nocivi alla nostra attività. Ti faccio un esempio: Cartoomics 2009. Allo stand Panini era disponibile il numero 42 di Naruto, che è arrivato nelle fumetterie solo dieci giorni dopo: questa è concorrenza sleale. Sleale perché io, fumetteria di Bergamo (che dista trenta minuti in macchina da Milano: moltissimi miei clienti erano a Cartoomics), sono pesantemente penalizzato da questa situazione, e chi mi penalizza non solo è l’editore dell’albo, ma anche il mio fornitore. Ovvio che, di quel particolare numero, ne ho vendute parecchie copie in meno.

Ora: non pretendiamo certo che gli editori smettano di vendere allo stand, ma riteniamo corretto che le uscite non vengano programmate, né anticipate, in funzione delle fiere. E, se giustifichiamo questo comportamento da parte delle piccole realtà editoriali, non vogliamo farlo per quelle più importanti.

Altro caso: ci sono editori che concentrano le uscite di quasi tutto l’anno alla fiera di Lucca. Questo possiamo capirlo. A patto, però, che questi albi diventino disponibili in tempi brevi anche in fumetteria: non è accettabile che un volume venduto a Lucca ci arrivi ad aprile.

Un altro punto molto caro all’AFUI è il discorso della resa. Le edicole hanno il reso, le librerie di varia hanno il reso, le fumetterie no. E questo vi penalizzerebbe. Anche qui. Potresti spiegare, magari chiarendo bene cosa si intenda per reso, sia nelle edicole che nelle librerie di varia?

Semplice: librerie ed edicole acquistano i fumetti, li pagano e, nel caso non li vendano, possono renderli al loro fornitore, che li rimborserà con una nota di credito. Questo indubbio vantaggio (che, per esempio, mi sarebbe tornato decisamente utile nel caso di Naruto 42) è “pareggiato”, nel caso delle edicole, da sconti inferiori. Le librerie “di varia”, invece, usufruiscono di sconti simili ai nostri.

Il vero problema delle fumetterie, a mio parere, non è la diminuzione dei lettori di fumetti: è il numero esagerato di uscite mensili, difficilissimo da gestire. Purtroppo, mi convinco sempre di più che il metodo migliore è quello di acquistare solo i blockbuster e trattare i titoli –e le case editrici-  minori solo su richiesta: non potendo rendere nulla, il rischio concreto è quello di caricare il magazzino di materiale difficilmente vendibile. Per quanto sembri, a me per primo, squallido e svilente, resta il fatto che chi lavora con questo metodo guadagna molto più di me, e faccio il fumettaro perché sono un appassionato ma, a fine mese, devo essermi guadagnato lo stipendio.

Conti deposito. Cosa propone l’AFUI agli editori? Esiste una proposta ufficiale AFUI? Potresti illustrarla?

Sì, esiste. Abbiamo individuato una procedura per il conto vendita che ha dato buoni risultati. In poche parole: editore e Afui concordano un “pacchetto” di titoli da inviare alle fumetterie interessate al conto vendita, che si impegnano ad esporre e valorizzare gli albi per qualche mese. Alla fine del periodo concordato la fumetteria rende l’invenduto, a proprie spese, e paga il resto.

Passiamo ad altro. Che ne pensi di Internet? Serve veramente ad aumentare le vendite? Se ti sbatti e fai il simpatico sui forum/blog/siti/facebuch, alla fine riesci a vendere 100/200 copie in più?

Internet può spostare qualche decina, forse qualche centinaio di lettori. Ovvio che, per una casa editrice come la Bonelli, si tratta di cifre ridicole. Ma per me, e per tanti altri, invece, sono numeri interessanti. Purtroppo non sono un granché, come “animale da internet”: ho pagato e sto pagando quello che non riesco proprio a classificare come un difetto. Non riesco a fare il simpatico a tutti i costi e non mi diverto nemmeno a cavalcare le polemiche. Ma, ripeto, sono cifre basse e, comunque, non abbastanza alte da “costringermi” a snaturare il mio modo di comportarmi.

Perché i piccoli editori si ostinano a continuare? Io riconosco di essere un pazzo irresponsabile, ma tu mi sembri una persona seria…

Incoscienza, credo. E speranza di imbroccare, prima o poi, il titolo giusto. Che, poi… a ben vedere sono la stessa cosa. Ma anche tu sembri una persona seria!

Che musica preferisci?

De André e Gaber, prima di tutto. Ma più per quello che hanno detto che per come lo hanno cantato: quando parlo di loro, la parola “musicisti” è una di quelle che uso di meno. Tutti i cantautori italiani, eppoi adoro i musical: prima di diventare editore, quando potevo ancora permettermi delle vacanze, andavo tre/quattro volte l’anno a Londra a vedermi almeno una decina di spettacoli. E un po’ di tutto, mischiando mostri sacri a cantanti più “leggeri”: Leonard Cohen, James Taylor, Sergio Caputo, Van Morrison, Enzo Jannacci, Joe Jackson, gli Abba, Celentano, le opere liriche, il primo Ruggeri, Capossela, i Duran Duran, Fossati, i Beatles… l’unica musica che non ho mai digerito è l’heavy metal.

Il fumetto migliore letto nel 2009? E quello più brutto?

La serie che mi ha colpito di più, nel 2009, è Criminal, un noir sceneggiato splendidamente e disegnato anche meglio. Mi piace segnalare anche “La casa dell’impiccato”, il numero 9 di Jan Dix, con un Ambrosini tornato ai livelli di Napoleone e un Bacilieri al massimo della forma, e “Mater Morbi”, il Dylan Dog più bello degli ultimi anni. Già che ci sono… ho letto da poco Dove nessuno può arrivare di David Rubin (Tunué): un racconto di supereroi come non ne trovavo da tempo.

La sorpresa italiana è stata senz’altro Cotus & Leon, un fantasy demenziale pubblicato dalla Lancio.

Di fumetti brutti, per mia fortuna, ne ho letti pochi: diciamo che Caravan mi ha deluso, forse perché mi piace molto il Dylan Dog di Medda ed avevo aspettative troppo alte.

Qual è il sogno proibito, quello che tieni nascosto nel cassetto, quello per cui saresti disposto a tagliarti una falange del mignolo, come uno Yakuza?

Mah… sono uno che si accontenta di poco, io. Eppoi ci sono affezionato, alla falange del mio mignolo!

Due vaticini per il 2010. Che succederà da qui alla fine dell’anno?

Gli editori piccoli tireranno ulteriormente la cinghia, sperando nell’ennesimo miracolo lucchese. La Panini azzeccherà un altro grosso titolo manga e forse, nel suo catalogo, troveremo altri fumetti DC. La Bonelli varerà una nuova miniserie e ne annuncerà altre. Quelli della Disney diranno che Topolino ha perso una quantità spaventosa di lettori, ma tanto il loro settore fumetto sarà comunque in attivo perché vendono anche i gadget…

Chiuderanno una ventina di fumetterie, e se ne accorgeranno in quindici.

Su internet nasceranno nuove, violentissime polemiche che, come al solito, non porteranno a nulla.

E io non andrò in ferie nemmeno quest’anno…

Ultima domanda: puoi lasciare un messaggio conclusivo al tuo pubblico. Forza, il palcoscenico è tutto tuo!

No… ecco: c’è questa casa editrice che pubblica roba bellina. Negli ultimi mesi sono usciti L’Insonne n. 2, About Death di Francesca Da Sacco, Arcadia Presenta n. 1, Loaded Bible e il nuovo Ford Ravenstock: provateli, no? Che vi costa?  ;p

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Mario Taccolini: un uomo, un pazzo. Uno che da lettore prima apre una fumetteria, e poi addirittura diventa editore. Ma anche una persona per cui ho rispetto e stima. Forse perché tra pazzi ci si intende. Stima e rispetto per la volontà di dare voce ad alcune storie, che altrimenti sarebbero restate nei cassetti degli autori. Per il suo sbattersi a fare le fiere, tutte, anche quelle piccole, dove gli euri te li sudi uno ad uno. L’ho rivisto a Fullcomics 2010, a Sarzana, ed ho avuto una folgorazione: lo intervisterò!!!! E detto fatto, ecco cosa ha detto. Leggete, popolo, e tenete a mente che la casa editrice Arcadia merita il sostegno di tutti.

1- Prendiamola alla lontana. Da bambino leggevi fumetti, o ti dedicavi solo a testi di filosofia kantiana? E se sì quali?

Da bambino, come un po’ tutti, ho approfondito a lungo la filosofia kantiana, però ho anche trovato il tempo di leggere qualche fumetto… Geppo e Braccio di Ferro, poi i supereroi della Corno: mi piacevano l’Uomo Ragno, Devil, Conan, Shang-Chi e il Dracula di Colan. Poco prima dei dieci anni mi sono innamorato di Zagor; tra i personaggi della mia infanzia non posso non segnalare Maschera Nera, Akim e Il Piccolo Ranger.

2- Si sa, i bambini crescono. È presumibile che tu abbia continuato a leggere fumetti. Cosa ricordi di quando eri un lettore “puro”, ossia uno che leggeva e basta?

La scoperta della prima fumetteria, che mi apparve come il Paese dei Balocchi, le ore passate ad aggiornare il quaderno con le mancoliste, la mia prima Lucca (1990: in treno e con una gamba ingessata), l’arrivo dei manga, la scoperta di Ortolani su Made in USA e di Enoch su L’Intrepido, il mio primo comic book in inglese (un numero dei F4 scovato per caso in una libreria che trattava solo usato), la curiosità davanti al numero uno di Dragon Ball, primo manga stampato “al contrario”…

3 – A un certo punto hai deciso di aprire una fumetteria. Perché, quando ci sono modo più veloci e meno stressanti di guadagnarsi da vivere, tipo fare il contractor in medio oriente?

All’inizio era quasi un gioco: tre ragazzi che, dopo la chiusura della loro fanzine, acquistano un negozio di fumetti per capire se è possibile guadagnarsi da vivere grazie alla loro passione. Purtroppo la fumetteria si è rivelata tutto tranne che una macchina da soldi, e ci siamo resi conto presto che sarebbero serviti impegno e ore, e ore, e ore di lavoro, per arrivare a guadagni quasi decenti. Dopo un paio d’anni il primo socio se n’è scappato: all’inizio lo prendevo addirittura in giro, adesso lo invidio. Due anni fa, vista la situazione economica tutt’altro che rosea, ho liquidato anche l’altro socio: la separazione, per usare un eufemismo, non è stata indolore.

4 – Com’era il mondo delle fumetterie quando hai iniziato? E ora? È cambiato qualcosa? Che “trend” hai visto passare in tutti questi anni?

In dieci anni la mia è passata dall’essere una fumetteria dal fatturato risibile ad una delle più importanti a livello nazionale: per me è cambiato tutto. Ricordo l’entusiasmo quando, il sabato dell’inaugurazione, raggiungemmo i novecento euro d’incasso (come ospiti c’erano Gigi Simeoni, Giancarlo Olivares, Stefano Vietti e Bruno Bozzetto): adesso mi verrebbe una sincope, a chiudere un sabato con quell’incasso… Tieni presente che, prima del mio arrivo, la fumetteria trattava solo manga: l’articolo più venduto erano le videocassette di Evangelion. Ricordo come provai a spingere il numero uno di Dampyr, appena uscito, e gli sguardi straniti dei clienti abituali della precedente gestione… La Panini era ancora agli inizi, nel settore manga, e nulla lasciava presagire la quantità di titoli che propone oggi. Cosa è cambiato? Sono sparite case editrici storiche, come la Comic Art e la Play Press, e ne sono arrivate altre. E’ il cerchio della vita. Certo che non si erano mai viste tante case editrici come adesso: dalle “nuove grandi” (Planeta, Jpop) a quelle ormai profondamente radicate in fumetteria come 001, Coconino e Flashbook, ad una quantità enorme di piccole e piccolissime realtà editoriali, di cui parecchie davvero interessanti.

5 – Qual è stato il flop più clamoroso da parte di una proposta editoriale nella tua fumetteria? E il successo più fantasmagorico?

Grandi flop non me ne ricordo: ci sono stati parecchi “discreti insuccessi”, ma nulla di eclatante. Fallimenti annunciati parecchi, come i Marvel Masterworks e gli Spider Riders della Star. Eclatante, invece, è stato il successo di Death Note: un fenomeno di proporzioni enormi che la Panini sperava probabilmente di replicare con Soul Eater (ottime vendite, ma molto distanti da quelle di DN).

6 – Alla resa dei conti, stringi stringi… vale ancora la pena aprire una fumetteria oggi?

Assolutamente no. E non lo dico per spaventare qualcuno o per difendere la “casta”, ma perché è un dato di fatto: le fumetterie sono TUTTE in crisi e non credo di essere molto lontano dal vero sostenendo che, tra un anno o due, il loro numero si ridurrà drasticamente. Tra l’altro, sono sempre più convinto che il fumetto su supporto cartaceo non durerà ancora molto, almeno come fenomeno di massa.

7- Poi a un certo punto il Mario Taccolini lettore & negoziante ha deciso di diventare anche editore in prima persona, fondando la casa editrice Arcadia. Ricordo il tuo debutto a Romics nel 2006 (o era il 2007??). Perché l’hai fatto?

Era il 2007! L’ho fatto perché ero affascinato dall’avventura. Ed è stata l’amicizia a spingermi ad osare: amicizia con Maurizio Rosenzweig e Bruno Brindisi, principalmente, ma poi con tutti (o quasi!) gli autori che hanno collaborato con noi nei primi tempi. Fu Maurizio a convincermi a studiare un “personaggio del negozio”, che poi sarebbe diventato GIADA: l’idea iniziale era quella di proporre agli autori ospiti di disegnare una pagina di questo personaggio. Quando ci siamo resi conto che il progetto era irrealizzabile ci eravamo già troppo affezionati a Giada e abbiamo deciso di “fondare” la casa editrice.

8 – Arcadia si è contraddistinta da subito per dare moltissimo spazio ad autori italiani, con proposte di ottimo livello. Cos’è che non avresti fatto, e cos’è di cui invece sei fiero e rifaresti esattamente nello stesso modo?

La cosa che più mi rimprovero è la scarsa cura grafica dei primi albi: per risparmiare pochi euro si era deciso di fare tutto in casa, con risultati orripilanti. Il lettering di 4 Volti della Paura e un po’ tutto il primo numero di Giada (copertina, font, balloon…) sono davvero inguardabili, senza contare gli scempi fatti con le scansioni di Maisha. Abbiamo pubblicato albi assolutamente professionali per storia, disegni e copertina, ma amatoriali dal punto di vista grafico, creando un pessimo “biglietto da visita” alla casa editrice. E la cosa assurda è che, alla fine, avremmo risparmiato molto di più affidandoci ad un grafico professionista! Sono anche convinto della necessità di cambiare il formato delle mie pubblicazioni.

Per il resto: sono estremamente fiero di tutto quello che ho pubblicato. Certo: alcune storie sono più riuscite di altre, alcuni disegnatori si sono dimostrati meno azzeccati di altri… ma nel nostro primo albo abbiamo pubblicato Sergio Ponchione, che era solo all’inizio del percorso artistico che gli ha permesso di vincere il Gran Guinigi quest’anno, e Mirko Pierfederici, ora apprezzato copertinista della Marvel, e poi abbiamo collaborato con una lista impressionante di grandi autori italiani: Giancarlo Olivares, Federico Memola, Bruno Brindisi, Walter Venturi, Riccardo Burchielli, Marco Turini, Giuseppe Di Bernardo, Roberto Recchioni, Alessio Fortunato, Giorgio Pontrelli, Mario Alberti, Marco Checchetto, Susanna Raule, Armando Rossi, Luigi Siniscalchi, Enea Riboldi, Matteo Cremona, Francesca e Michela Da Sacco, Diego Cajelli, Francesco Matteuzzi, Stefano Caselli, Guglielmo Signora, Werther Dell’Edera: come potrei non esserne orgoglioso? Trovo dei piccoli difetti in tutto quello che ho fatto, e tornando indietro li correggerei, ma in linea di massima rifarei tutto come prima, da metà 2008 in poi.

Un progetto a cui tengo molto è ARCADIA PRESENTA, un antologico in tre numeri che miscela autori conosciuti ed ottimi esordienti (Emanuela Lupacchino e Moreno Dinisio, nel primo numero), “nostri” personaggi (Giada, Maisha, L’Insonne) con ripescaggi eccellenti come La Stirpe di Elan, nuove serie (ALTAMENTE IMPROBABILE, di Susanna Raule) e una striscia molto divertente come Zorflick, con la chicca di SUZIE Q, una mini di Cajelli e Spinelli che doveva essere pubblicata dieci anni fa e che gli autori hanno completato solo ora, per il nostro magazine. E sul numero tre farà il suo debutto in Casa Arcadia un personaggio davvero molto amato…

9 – Qual è la filosofia di fondo della tua casa editrice? Perché io lettore dovrei dare parte dei miei pochi soldi ad Arcadia? In cosa i tuoi prodotti sono migliori degli altri?

Ero convinto che, sul mercato, mancasse una casa editrice disposta a credere nei progetti degli autori italiani. Poi ho scoperto il perché: produrre un fumetto costa moltissimo e non garantisce le vendite che portano gli albi tradotti. Io, poi, mi sono fissato sul voler retribuire a tutti i costi gli autori “a tavola”, scommettendo sul fatto che un buon prodotto, prima o poi, sarebbe riuscito a pagarsi. Scommessa persa miseramente, soprattutto con il formato che avevo scelto all’inizio (archi narrativi in tre albi da 48 pagine l’uno). La scelta di mantenere prezzi bassi, poi, si è rivelata una vera e propria disgrazia: se al lettore da fumetteria (e da fiera) piace il fumetto che gli proponi spende volentieri due euro in più per comprarlo. Vendo Maisha a 5 euro: 48 pagine con copertina di Marco Turini e disegni di Alessio Fortunato. Sono convinto che, se avessi scelto dall’inizio un prezzo più alto, le quantità di venduto sarebbero esattamente le stesse.

Non me la sento di dire che gli albi da me pubblicati sono migliori di quelli degli altri editori: posso però assicurare che, dietro ognuno di loro, ci sono tantissima passione, professionalità e talento (degli autori, non mio!).

Se poi vuoi una descrizione velocissima dei miei volumi: Giada è un divertente revival degli horror anni ‘80, Maisha è una storia di vampiri decisamente sui generis, Legione Stellare e L’Insonne sono testate molto conosciute che speriamo di aver valorizzato al meglio, Ford Ravenstock è un depresso cronico che spinge le persone al suicidio, Loaded Bible racconta di un Gesù che lotta contro i vampiri, i volumi di Francesca Da Sacco sono tra le storie a fumetti più poetiche che io abbia mai letto e, a breve, usciranno avventure inedite di BeLee.

Infine: perché un lettore dovrebbe darmi una parte dei suoi soldi? Beh: ho una bellissima bimba da mantenere…

10 – L’ultima avventura degna di essere ricordata è il tuo essere diventato vicepresidente dell’AFUI, ossia l’Associazione FUmetterie Italiane. Ok, è il tuo momento. Cos’è l’AFUI, quante fumetterie ne fanno parte, perché a una fumetteria converrebbe farne parte?

L’AFUI nasce da una considerazione: le fumetterie si ritengono il vero anello debole nella distribuzione dei fumetti in Italia. Hanno poco peso proprio perché, da sole, fanno numeri troppo piccoli per incidere davvero sulle dinamiche e sull’andamento del mercato. Sentiamo che è il momento di far sentire anche la nostra voce, prima che sia troppo tardi.

Dopo i primi anni di rodaggio, da pochi mesi è partita la “fase due” dell’Associazione: sul sito gli associati possono trovare articoli, anche molto tecnici, che spaziano dai consigli sugli acquisti prima dell’apertura di un negozio a quelli per gestire il sito per la vendita on-line, dalla spiegazione dei pro e contro delle diverse scontistiche praticate ai clienti all’aiuto per districarsi negli acquisti esteri, dalle interviste ad editori e distributori, con i quali stiamo cercando di avere un dialogo il più possibile costruttivo, alla segnalazione di promozioni. Gli associati, inoltre, possono confrontarsi quotidianamente grazie al forum, che si sta rivelando uno strumento di notevole interesse e utilità.

Non posso darti il numero delle fumetterie iscritte: abbiamo deciso di divulgare questo dato solo alle librerie associate. Posso però dire che è diverso da quello che hai scritto nell’ultimo editoriale di FdA e che, in questi ultimi anni, il dialogo e le iniziative nate all’interno dell’Afui sono state enormemente utili alla mia attività.

11 – Uno dei cavalli di battaglia dell’AFUI è la denuncia del comportamento, a vostro dire scorretto, di alcuni editori, soprattutto Panini comics, che vendendo le novità con grossi sconti alle fiere, oppure portando in fiera fumetti in uscita nei mesi successivi, vi danneggerebbero non poco. Potresti spiegare meglio al lettori di Fumetto d’Autore questo punto, e le vostre proposte, per evitare che questo accada?

Panini è il caso più eclatante, perché ci fa concorrenza diretta sia come editore che come distributore, ma ci sono tutta una serie di comportamenti, da parte di molte altre case editrici, che riteniamo nocivi alla nostra attività. Ti faccio un esempio: Cartoomics 2009. Allo stand Panini era disponibile il numero 42 di Naruto, che è arrivato nelle fumetterie solo dieci giorni dopo: questa è concorrenza sleale. Sleale perché io, fumetteria di Bergamo (che dista trenta minuti in macchina da Milano: moltissimi miei clienti erano a Cartoomics), sono pesantemente penalizzato da questa situazione, e chi mi penalizza non solo è l’editore dell’albo, ma anche il mio fornitore. Ovvio che, di quel particolare numero, ne ho vendute parecchie copie in meno.

Ora: non pretendiamo certo che gli editori smettano di vendere allo stand, ma riteniamo corretto che le uscite non vengano programmate, né anticipate, in funzione delle fiere. E, se giustifichiamo questo comportamento da parte delle piccole realtà editoriali, non vogliamo farlo per quelle più importanti.

Altro caso: ci sono editori che concentrano le uscite di quasi tutto l’anno alla fiera di Lucca. Questo possiamo capirlo. A patto, però, che questi albi diventino disponibili in tempi brevi anche in fumetteria: non è accettabile che un volume venduto a Lucca ci arrivi ad aprile.

12 – Un altro punto molto caro all’AFUI è il discorso della resa. Le edicole hanno il reso, le librerie di varia hanno il reso, le fumetterie no. E questo vi penalizzerebbe. Anche qui. Potresti spiegare, magari chiarendo bene cosa si intenda per reso, sia nelle edicole che nelle librerie di varia?

Semplice: librerie ed edicole acquistano i fumetti, li pagano e, nel caso non li vendano, possono renderli al loro fornitore, che li rimborserà con una nota di credito. Questo indubbio vantaggio (che, per esempio, mi sarebbe tornato decisamente utile nel caso di Naruto 42) è “pareggiato”, nel caso delle edicole, da sconti inferiori. Le librerie “di varia”, invece, usufruiscono di sconti simili ai nostri.

Il vero problema delle fumetterie, a mio parere, non è la diminuzione dei lettori di fumetti: è il numero esagerato di uscite mensili, difficilissimo da gestire. Purtroppo, mi convinco sempre di più che il metodo migliore è quello di acquistare solo i blockbuster e trattare i titoli –e le case editrici-  minori solo su richiesta: non potendo rendere nulla, il rischio concreto è quello di caricare il magazzino di materiale difficilmente vendibile. Per quanto sembri, a me per primo, squallido e svilente, resta il fatto che chi lavora con questo metodo guadagna molto più di me, e faccio il fumettaro perché sono un appassionato ma, a fine mese, devo essermi guadagnato lo stipendio.

13 – Conti deposito. Cosa propone l’AFUI agli editori? Esiste una proposta ufficiale AFUI? Potresti illustrarla?

Sì, esiste. Abbiamo individuato una procedura per il conto vendita che ha dato buoni risultati. In poche parole: editore e Afui concordano un “pacchetto” di titoli da inviare alle fumetterie interessate al conto vendita, che si impegnano ad esporre e valorizzare gli albi per qualche mese. Alla fine del periodo concordato la fumetteria rende l’invenduto, a proprie spese, e paga il resto.

14 – Passiamo ad altro. Che ne pensi di Internet? Serve veramente ad aumentare le vendite? Se ti sbatti e fai il simpatico sui forum/blog/siti/facebuch, alla fine riesci a vendere 100/200 copie in più?

Internet può spostare qualche decina, forse qualche centinaio di lettori. Ovvio che, per una casa editrice come la Bonelli, si tratta di cifre ridicole. Ma per me, e per tanti altri, invece, sono numeri interessanti. Purtroppo non sono un granché, come “animale da internet”: ho pagato e sto pagando quello che non riesco proprio a classificare come un difetto. Non riesco a fare il simpatico a tutti i costi e non mi diverto nemmeno a cavalcare le polemiche. Ma, ripeto, sono cifre basse e, comunque, non abbastanza alte da “costringermi” a snaturare il mio modo di comportarmi.

15 – Perché i piccoli editori si ostinano a continuare? Io riconosco di essere un pazzo irresponsabile, ma tu mi sembri una persona seria…

Incoscienza, credo. E speranza di imbroccare, prima o poi, il titolo giusto. Che, poi… a ben vedere sono la stessa cosa. Ma anche tu sembri una persona seria!

16 – Che musica preferisci?

De André e Gaber, prima di tutto. Ma più per quello che hanno detto che per come lo hanno cantato: quando parlo di loro, la parola “musicisti” è una di quelle che uso di meno. Tutti i cantautori italiani, eppoi adoro i musical: prima di diventare editore, quando potevo ancora permettermi delle vacanze, andavo tre/quattro volte l’anno a Londra a vedermi almeno una decina di spettacoli. E un po’ di tutto, mischiando mostri sacri a cantanti più “leggeri”: Leonard Cohen, James Taylor, Sergio Caputo, Van Morrison, Enzo Jannacci, Joe Jackson, gli Abba, Celentano, le opere liriche, il primo Ruggeri, Capossela, i Duran Duran, Fossati, i Beatles… l’unica musica che non ho mai digerito è l’heavy metal.

17 – Il fumetto migliore letto nel 2009? E quello più brutto?

La serie che mi ha colpito di più, nel 2009, è Criminal, un noir sceneggiato splendidamente e disegnato anche meglio. Mi piace segnalare anche “La casa dell’impiccato”, il numero 9 di Jan Dix, con un Ambrosini tornato ai livelli di Napoleone e un Bacilieri al massimo della forma, e “Mater Morbi”, il Dylan Dog più bello degli ultimi anni. Già che ci sono… ho letto da poco Dove nessuno può arrivare di David Rubin (Tunué): un racconto di supereroi come non ne trovavo da tempo.

La sorpresa italiana è stata senz’altro Cotus & Leon, un fantasy demenziale pubblicato dalla Lancio.

Di fumetti brutti, per mia fortuna, ne ho letti pochi: diciamo che Caravan mi ha deluso, forse perché mi piace molto il Dylan Dog di Medda ed avevo aspettative troppo alte.

18 – Qual è il sogno proibito, quello che tieni nascosto nel cassetto, quello per cui saresti disposto a tagliarti una falange del mignolo, come uno Yakuza?

Mah… sono uno che si accontenta di poco, io. Eppoi ci sono affezionato, alla falange del mio mignolo!

19 – Due vaticini per il 2010. Che succederà da qui alla fine dell’anno?

Gli editori piccoli tireranno ulteriormente la cinghia, sperando nell’ennesimo miracolo lucchese. La Panini azzeccherà un altro grosso titolo manga e forse, nel suo catalogo, troveremo altri fumetti DC. La Bonelli varerà una nuova miniserie e ne annuncerà altre. Quelli della Disney diranno che Topolino ha perso una quantità spaventosa di lettori, ma tanto il loro settore fumetto sarà comunque in attivo perché vendono anche i gadget…

Chiuderanno una ventina di fumetterie, e se ne accorgeranno in quindici.

Su internet nasceranno nuove, violentissime polemiche che, come al solito, non porteranno a nulla.

E io non andrò in ferie nemmeno quest’anno…

20 – Ultima domanda: puoi lasciare un messaggio conclusivo al tuo pubblico. Forza, il palcoscenico è tutto tuo!

No… ecco: c’è questa casa editrice che pubblica roba bellina. Negli ultimi mesi sono usciti L’Insonne n. 2, About Death di Francesca Da Sacco, Arcadia Presenta n. 1, Loaded Bible e il nuovo Ford Ravenstock: provateli, no? Che vi costa?  ;p

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