Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
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La crisi e il sistema fumetto: l'analisi di Mario Taccolini

arcadiaSu Fumetto D'Autore è iniziato già da un pò un ideale viaggio per raccontare le ripercussioni sul sistema fumetto della crisi. Abbiamo potuto leggere l'analisi di Paolo Accolti Gil di Italycomics e quella di Salvatore Primiceri di Voilier Edizioni e organizzatore di Fullcomics.

Il viaggio adesso si arricchisce di una nuova testimonianza, stavolta in "presa diretta".

Avevamo intervistato a marzo scorso il vulcanico Mario Taccolini, editore di Arcadia Edizioni, che già allora circa la sua esperienza editoriale, aveva dichiarato:

Ero convinto che, sul mercato, mancasse una casa editrice disposta a credere nei progetti degli autori italiani. Poi ho scoperto il perché: produrre un fumetto costa moltissimo e non garantisce le vendite che portano gli albi tradotti. Io, poi, mi sono fissato sul voler retribuire a tutti i costi gli autori “a tavola”, scommettendo sul fatto che un buon prodotto, prima o poi, sarebbe riuscito a pagarsi. Scommessa persa miseramente, soprattutto con il formato che avevo scelto all’inizio (archi narrativi in tre albi da 48 pagine l’uno). La scelta di mantenere prezzi bassi, poi, si è rivelata una vera e propria disgrazia: se al lettore da fumetteria (e da fiera) piace il fumetto che gli proponi spende volentieri due euro in più per comprarlo. Vendo Maisha a 5 euro: 48 pagine con copertina di Marco Turini e disegni di Alessio Fortunato. Sono convinto che, se avessi scelto dall’inizio un prezzo più alto, le quantità di venduto sarebbero esattamente le stesse.

Adesso, mentre gli autori del fumetto italiano convocano i propri "Stati Generali" durante la prossima Lucca (le notizie inerenti le trovate qui, qui un editoriale di commento qui) per constatare lo stato dell'arte e confrontarsi in una tavola rotonda sulle condizioni contrattuali del settore, Mario Taccolini è ritornato a parlare, sul forum di Kinart, della sua esperienza editoriale con un lunghissimo post in cui, a "cuore aperto" e di pancia racconta l'effettiva situazione della sua casa editrice, del mercato e del sistema fumetto.

Vi riportiamo L'intervento di Mario Taccolini integralmente:

Sono Mario Taccolini, editore di Edizioni Arcadia e proprietario di una fumetteria a Bergamo.
In questo lungo post renderò pubblici alcuni dati sulle Edizioni Arcadia, perché mi pare sia questa la richiesta. La casa editrice nasce nel 2007: eravamo sicuri che, realizzando buoni prodotti di autori italiani, e pagandoli abbastanza bene, avremmo trovato lo spazio per proporre bei fumetti a un prezzo popolare. Inizialmente pagavamo 50 euro a tavola per i disegni, 15 per la sceneggiatura e 200 per la copertina: compensi non da favola, ma che ci sembravano (e mi sembrano tuttora) equi. Stampavamo 2000 copie di ognuna delle nostre pubblicazioni, convinti di poter arrivare al punto di pareggio (1200 copie) nell'arco di un anno, massimo due.
Il progetto iniziale, come ho già scritto da qualche parte, può dichiararsi un completo fallimento.
A Lucca 2007 ci siamo presentati con cinque fumetti: l'albo speciale per i dieci anni di Jonathan Steele, 4 Volti della Paura (di Luigi Siniscalchi), Self Service (di Ferrandino, Brindisi, Walter Venturi, Peppe Liotti e Nardo Conforti, con copertina inedita di Brindisi), Giada n. 1 (di Rosenzweig, Matteo Cremona e Federico Sfascia, con cover di Enea Riboldi) e Maisha n. 1 (di Matteuzzi, Fortunato, Da Sacco e Ambu, copertina di Marco Turini). Nella nostra prima fiera siamo stati pesantemente penalizzati dalla collocazione del nostro stand e dalla qualità penosa della grafica dei nostri albi: purtroppo avevamo deciso di fare fumetti "professionali" sotto ogni punto di vista, ma amatoriali in un settore fondamentale. Abbiamo invitato al nostro stand (a nostre spese: pagando, cioè, viaggio, albergo e vitto, oltre al pass) una decina di autori. Risultato, a fronte di un investimento di oltre 30.000 euro: una debacle pazzesca.
Ma, fino a lì, non era un dramma: ci sta che la prima uscita non sia esattamente un successone.
Poi sono arrivati i primi dati degli ordini, e non c'è stato niente da ridere. Ma eravamo convinti delle nostre idee e siamo andati avanti, abbassando i pagamenti (40 a tavola per i disegni, 10 per le sceneggiature, a parte il caso di GIADA, perché gli autori, viste le scarse vendite, decisero di voler comunque investire sul prodotto e ci proposero di prendere 35 euro a tavola per i disegni e di realizzare gratuitamente la sceneggiatura), varando altri progetti e arruolando nuovi autori. A Lucca 2008 abbiamo presentato anche tre albi stampati in digitale, per i quali abbiamo corrisposto un euro agli autori per ogni copia venduta: "Olos", "Jam & Erys" e "Generazione Goldrake". Tutti e tre i volumi sono stati stampati in 300 copie e sono andati esauriti, ma non ci sono stati nuovi ordini e quindi non abbiamo ritenuto di effettuarne delle ristampe.
Poi... nonostante la qualità dei nostri albi sia nettamente migliorata, la situazione del mercato è peggiorata. Ovviamente, ammetto le mie colpe: in particolare, non sono riuscito a "pubblicizzare" abbastanza gli albi, usciti tra l'indifferenza quasi generale della critica e dei forum.
Nel frattempo, molto per colpa della casa editrice, ma anche per fatti miei non piacevoli che non mi va di raccontare in giro, ho rischiato concretamente il fallimento dell'attività. Non ho ritoccato i compensi, ma sono in arretrato con alcuni pagamenti.
Ma tornando al discorso pagamenti: faccio l'esempio più "vicino" temporalmente, Ford Ravenstock 2.
Il primo Ravenstock è stato stampato da Panini Comics, dopo aver vinto il primo Lucca Project Contest, e mi si dice abbia venduto tremila copie (dato che trovo assolutamente credibile). Del secondo (il primo stampato da Edizioni Arcadia) abbiamo venduto poco meno di ottocento copie: ovvio che la visibilità di Panini e quella delle Edizioni Arcadia non sono nemmeno lontanamente paragonabili, e che i due anni trascorsi dal primo al secondo episodio hanno inciso anch'essi negativamente.
A febbraio 2010, due anni dopo l'uscita del nostro primo Ravenstock, abbiamo stampato anche il secondo. Compensi: 40 euro a pagina per i disegni, 20 per i colori, 10 per la sceneggiatura e 200 per la copertina. Visti i volumi di vendita del primo, e visto il periodo poco felice, ho preferito stamparne solo 800 copie (del primo ne avevamo stampate 2000). Costi: poco più di 3500 euro per il lavoro degli autori, circa 1500 per la stampa e 100 per il lettering e l'impaginazione. Se fate un pò di conti... vendendo TUTTE le copie stampate, al prezzo di copertina (e, quindi, senza contare il 50% che devo dare ai distributori), e calcolando che almeno una trentina di copie vanno in omaggi vari, riuscirei ad andare in pareggio. Più realisticamente, prevedo (se tutto andrà bene) di perdere circa duemila euro.
Al momento attuale i distributori mi hanno fatto ordini per 178 copie (178 x 6,5 / 2 = 578,50 euro) quindi, se vendessi tutte le restanti copie a prezzo pieno diciamo... in un anno, incasserei circa 4500 euro (600 euro di perdita). Nel frattempo dovrò pagare la tipografia (che ha ricevuto solo un acconto) e gli autori (Armando ha ricevuto un acconto, Susanna invece nemmeno quello. E, comunque, sono in ritardo già adesso). Coloristi e grafico, invece, li ho già pagati.
Per inciso: le prenotazioni di Ravenstock sono circa la metà di quelle di Loaded Bible, ma non sono così negative (sperando nei riordini che, di solito, ci sono): Giada e Maisha, per esempio, ci vengono ordinate in meno di 100 copie a numero.
Perché l'ho stampato, allora? Perché Ravenstock è un personaggio che mi piace moltissimo, perché ho enorme stima dei due autori ma, soprattutto, perché non mi piace lasciare le cose a metà. Se a Susanna ed Armando andrà bene, non avrò alcun problema a stampare anche il prossimo (e conclusivo) episodio.
Quindi: secondo la mia personale esperienza, non vale la pena investire del denaro nella produzione di fumetti italiani, perlomeno per noi micro editori. Perché, per poter pagare decentemente gli autori, si dovrebbero stampare almeno 3000 copie di un fumetto, certi di venderne più di duemila... ipotesi, al momento attuale, molto distante dalla realtà.
Il dramma è se confrontiamo questi dati con quelli riguardanti gli albi tradotti, che costano meno della metà e vendono molto di più (eggià... quella degli "italiani esterofili" non è una leggenda urbana).
Faccio presente che Star Comics, negli ultimi tre anni, ha abbassato del 50% i compensi per gli autori dei propri periodici da edicola... quindi, probabilmente, produrre fumetti italiani è proibitivo anche per case editrici consolidate e con un proprio pubblico di riferimento da quasi vent'anni. E che Dylan e Tex, che vent'anni fa vendevano 500.000 copie, hanno più che dimezzato i propri lettori.
E vedo un futuro allarmante, in cui i giovani autori lavoreranno sottopagati con la sola speranza di fare il "grande salto", entrando in Bonelli o in Marvel (e... fondamentalmente, basta), e senza la possibilità di diventare nuovi Gipi, o Ausonia (per citare due che hanno fatto un percorso originale e sono comunque riusciti ad imporsi).

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