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Di BAO, di piccole foschie, e di storie senza fine

baopublishingIntervista a Michele Foschini, direttore editoriale della BAO Publishing.

Fumetto d'Autore vi ha raccontato nell'ultimo editoriale del nostro direttore che compongono l'assetto societario della BAO Publishing s.r.l. Michele Foschini, Pierto Marietti (già fondatore delle edizioni PM), e la UBS Fiduciaria s.p.a., società del gruppo finanziario UBS Italia, che detiene la quota di maggioranza del capitale sociale. L'amministratore unico della società e Caterina Marietti. Questi sono i dati ufficiali depositati alla Camera di Commercio Industria Atigianato e Agricoltura di Milano.

Il nostro direttore Alessandro Bottero ha intervistato Michele Foschini, il direttore editoriale di Bao Publishing.

Di Alessandro Bottero

Esiste un gruppo di colleghi (vogliamo chiamarla la “Generazione ‘90”?), che sono in giro per il dorato mondo del fumetto tanto quanto me, o poco di meno. A parte quelli svaniti in un limbo (spero per loro ricco di soddisfazioni), ce ne sono alcuni ancora attivissimi ancor oggi, dopo vent’anni o poco meno. Qualche nome? Marco M. Lupoi, Francesco Meo, Andrea Plazzi, Paolo Accolti-Gil, Max Brighel, e anche la vittima di questa volta, ossia Michele Foschini.

Michele è uno che di fumetti ci capisce. Questo dobbiamo metterlo alla base, perché è vero. Oltretutto è uno che conosce un saaaaaaaaaaaaaaaaaaacco di autori e/o addetti ai lavori qui e lì per il mondo, e la cosa non fa mai male. All’inizio (primi anni ’90) era un giovine autore, che sperava di sfondare nel mondo del fumetto con l’autoproduzione dura e pura. Il suo percorso è stato lungo, variegato, interessante, e per certi versi emblematico del mondo del fumetto (per fumetterie) di questi decenni. Indypress, Edizioni BD, Renoir, e ora la BAO Publishing. Tutte realtà che compongono il cammino di Michele Foschini, per arrivare ad oggi.

Ma basta toni elegiaci. Via con le domande bastarde!

Primi anni ’90. Fenici. Un albo autoprodotto, che presentava (incredibilmente per l’epoca) pin up di autori americani di un certo peso. È anche il primo momento in cui io e te ci incontriamo, perché all’epoca me lo portasti allo stand Play Press, durante una Lucca Comics al Palazzetto dello sport. Cos’ha significato Fenici per te, e come erano quegli anni, per un ragazzo che voleva entrare nel mondo del fumetto?

Ero completamente ignaro del mondo. È stato un classico caso di "Prima spara, poi fa' le domande". Ho imparato il mestiere nel modo più difficile: facendo tutti gli errori possibili.

Avere buoni contatti e riuscire a mantenerli nel corso degli anni è una delle cose più utili in questo lavoro. Quali sono gli autori americani o francesi con cui sei più in sintonia “Umana” più che professionale?

Negli Stati Uniti il mio amico più caro, da quattordici anni ormai, è il leggendario rifinitore Tom Palmer. In Francia, la persona che non posso esimermi dal vedere ogni volta che sono nei suoi paraggi è Charles Berberian. E hai ragione: gli amici che ti fai sono il miglior motivo per non smettere di fare questo lavoro.

Arriviamo alla Indypress. È stata, a mio avviso, una realtà molto interessante nel panorama del fumetto indipendente italiano. Purtroppo oggi è (perdonami se sbaglio)  totalmente dimenticata. Eppure ha ospitato ottimi autori. Perché non ci dici qualcosa sulla Indypress, sulle storie che ha pubblicato, e sulla filosofia di fondo che l’animava.

Non c'era una vera filosofia. Facevamo quello che ci piaceva, senza preoccuparci troppo dei gusti del pubblico. C'era tutta l'incoscienza dei miei vent'anni. Di buono, ha lasciato autori che si sono fatti valere in seguito sui fronti più disparati. Basta pensare a Luca Genovese o a Federico Nardo, su tutti.

Spesso sugli albi Indypress tu eri il colorista. Come mai hai smesso?

Ho capito tardi nella vita che devi fare solo ciò che sai fare davvero bene. Forse avrei potuto imparare, ma ho preferito migliorarmi in altre cose.

Indypress a un certo punto sbalordì tutti , iniziando a pubblicare fumetti americani, al di fuori dalla cerchia Star-Panini-Play-Comic Art. Ricordo Dawn di Michael Lisner, Savage Dragon di Erik Larsen, o anche Invincible di Robert Kirkman. Perché l’hai fatto?

Per crescere, no? Il momento era opportuno. Lexy aveva appena fatto una solenne figuraccia con Image, così andai a San Diego e negoziai la transizione. Erano altri tempi e soprattutto altri numeri nelle fumetterie.

Una cosa che all’epoca suscitò qualche discussione fu l’annuncio da parte della Indypress del volume Herobear and the Kid, di Mike Kunkel, una storia stupenda (a mio avviso). Poi però il volume non uscì mai. Perché?

Con Mike ci fu un momento di disaccordo. Mi pare di ricordare di non aver risposto a qualche sua mail abbastanza rapidamente e lui si è innervosito. Mi ha chiesto di non pubblicare il libro. Ho acconsentito.

Credi ci sarebbe spazio per una ristampa del materiale Indypress? In fin dei conti per la nuova generazione di lettori si tratta di storie totalmente inedite, e il livello è davvero buono.

Ti ringrazio, ma non riesco a immaginare che ci sia un pubblico per quelle cose, ora come ora. Però sarebbe bello, un giorno, riprendere in mano certi personaggi.

Dopo la Indypress si passa alle Edizioni BD, per cui lavori sia come traduttore che come “esperto” per i fumetti esteri. Che ci puoi dire di quell’esperienza?

È stata molto educativa. Ho lavorato con grandi professionisti e ho avuto la possibilità di imparare molto sul mercato, sulle sue logiche, sulle sinergie interne a una casa editrice.

Se non sbaglio, parallelamente all’attività di traduttore per altri per anni hai sceneggiato storie a fumetti e non. In particolare lessi anni fa sul tuo blog, un interessante testimonianza sul come si scrivono i fotoromanzi per Barbie. Qual è il tuo metodo di sceneggiatore, e hai qualche progetto in mano al momento?

Penso ancora che aver sceneggiato Barbie sia stato uno dei miei momenti preferiti, nel mondo del fumetto. Ho perfino adattato racconti di Paul Auster in forma di fotoromanzi di Barbie! Di solito sceneggio full-script, con l'età sento sempre più il bisogno di sapere prima per chi sto scrivendo e no, al momento non lo sto facendo. Non mancano le idee, mancano le ore del giorno.

Finisce l’esperienza BD, e si passa alla Renoir, e anche qui l’attenzione è sui fumetti esteri. Perché è finita l’esperienza BD, e come è nata quella Renoir? E che differenze ci sono –se ci sono- tra le due realtà?

Non sempre si cresce nelle stesse direzioni. Edizioni BD aveva bisogno di altre forze, più fresche e flessibili, mentre allo stesso tempo Renoir aveva bisogno di un "renaissance man" capace di integrare diverse professionalità. Le due realtà erano e sono molto differenti, soprattutto per l'attenzione di Renoir verso l'infanzia, che in BD è solo marginale, ma in entrambi i casi ho avuto modo di lavorare con persone serie, motivate e competenti. Esperienze molto utili entrambe, a conti fatti.

A un certo punto anche la collaborazione con Renoir finisce, e il cerchio si chiude. Partito come editore, torni ad essere editore, con la BAO publishing, una società dove interagisci con altri due soggetti, e che è il tuo presente. Chi compone la BAO publishing, e che rapporti avete tra di voi?

E pensare che io mi sentivo pronto per la pensione. BAO nasce dalla voglia mia e di Caterina Marietti, che è l'amministratore della società, ma che de facto è la mia complice nelle scelte editoriali, nonché la responsabile della comunicazione della casa editrice. Il terzo soggetto è Pietro Marietti, che dopo una vita nell'editoria ha fondato una società, Altantyca SpA, che gestisce, tra le altre cose, il fenomeno editoriale e multimediale che è Geronimo Stilton.

BAO Publishing sembra essere un interessante esempio di possibili sviluppi futuri per il mondo del fumetto italiano. Il fatto che qualcuno abbia deciso di fare un buon investimento in una realtà che pubblica fumetti, dovrebbe dare fiducia a tutti i soggetti del settore. Qual è l’obiettivo del progetto BAO, da qui a cinque anni?

L'obiettivo a medio termine di BAO è cambiare la proporzione di venduto tra fumetteria e libreria migliorando i numeri delle normali librerie di varia per quanto riguarda i fumetti. In termini di crescita pura, non c'è un obiettivo preciso: il nostro primo anno ha già superato le nostre più rosee aspettative, per quanto riguarda i titoli acquisiti e la visibilità conquistata.

Uno dei colpi più significativi messo a segno dalla BAO è stato il diventare unico referente della Planeta/De Agostini per la traduzione e revisione dei prodotti tradotti in italiano. In pratica BAO è il service di riferimento della Planeta/De Agostini per il mercato italiano. Come ci sei riuscito? E cosa significa questo in termini di lavoro e stress disumano?

Credo sia stata solo questione di dimostrare volontà di lavorare bene, serenamente e con metodo. Il fatto che a coordinare il progetto ci sia proprio un traduttore è secondo me una condizione vincente. In termini di lavoro, ho la fortuna di poter contare su un manipolo di collaboratori estremamente motivati. Siamo tutti molto appassionati dell'Universo DC. Se non mi sanno dire su due piedi il secondo nome della Lanterna Verde G'nort li scarto senza troppi complimenti. E sono un pignolo per natura, per cui le revisioni sono un piacere, per me.

Proviamo a fare un test di associazione d’idee. Rispondi con la prima cosa che ti salta in mente, associata ai nomi che ti dico.

- Comics Day

Bisogna pensarci meglio.

- Tavola rotonda degli autori

Aspetto una sinossi in due cartelle.

- A.Fu.I

Necessaria e insufficiente.

- Distribuzione in fumetterie

Se i distributori non facessero gli editori, ne basterebbe uno (come in America).

- Fumetto d’Autore (il sito)

Il Dagospia del fumetto italiano.

- Critica a fumetti online

Abbisogna di editing e maggior rispetto della grammatica.

- Forum

Mi manca Santi Licheri.

- Internet

Non potrei lavorare senza.

- Mostra Mercato

Imprescindibile punto d'incontro con i lettori.

- Savage Dragon

Nella mia testa è afroamericano.

- Invincible

Sottovalutato.

- Frantoio

Ma quanto l'è bono l'olio novo?

- Autoproduzione

Per molti, ma non per tutti. Lo dicevo sempre ai miei studenti.

- Frank Zappa

In un bellissimo racconto di Rick Moody.

Tra le varie cose che hanno “destabilizzato” le poche certezze del mondo del fumetto italiano, la BAO ne può vantare due: aver annunciato il mega-omnibus di Bone, dopo che Panini aveva detto che un prodotto del genere non sarebbe mai stato fatto in Italia (probabilmente perché non le conveniva), e aver annunciato l’ultima opera di Alan Moore, alias Neonomicon, pubblicata dalla Avatar, mentre tutti erano convinti che l’Avatar fosse terreno di caccia esclusivo delle Edizioni BD. Come ci sei riuscito? Hai dei super poteri segreti, o fa tutto parte di un piano per la conquista del mondo in dieci facili mosse?

Non abbiamo alcuna intenzione di conquistare il mondo. Però agiamo nel contesto di quello che, fino a prova contraria, è un libero mercato. Parliamo chiaro agli autori e agli editori, non ci limitiamo mai a trasmettere un'offerta economica. Il media plan, gli inviti agli autori, la trasparenza nel modo di lavorare i titoli e il nostro sistema di distribuzione integrata fumetteria-varia si sono rivelati argomenti vincenti e convincenti.

Siamo quasi alla fine. Come vedi la realtà della BAO Publishing da qui a cinque anni?

Strettamente legata a quello che immaginiamo possa essere lo sviluppo della presenza dei fumetti nel più ampio mercato della cultura in Italia. Stiamo investendo nell'ottica di favorire una crescita basata sul coinvolgimento di nuovi lettori, invece di contare esclusivamente sulla capienza delle tasche dei clienti già motivati e fidelizzati.

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