Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
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L'Editoriale » Promozione! Ma di cosa? Del Fumetto, o di quello che faccio io?

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di Alessandro Bottero

[23/04/2010] » Chi ci ha seguito nell’ultima settimana, sa che come Fumetto d’Autore ci siamo occupati a fondo del Comics Day. Abbiamo riflettuto sull’invito ad aderire, abbiamo pubblicato integralmente i documenti ufficiali, ossia la lettera di presentazione, l’invito ad aderire, il modulo di adesione, così che i lettori di Fumetto d’Autore potessero farsi un’idea. Abbiamo posto alcune domande precise all’organizzazione, e abbiamo pubblicato le risposte a tali domande, da parte dell’organizzazione.

Ci sarebbe da dire che  se uno avesse seguito la discussione sul Comics Day, basandosi solo su  AF News, o su Comicus, avrebbe tratto la conclusione che Fumetto d’Autore non esiste. Infatti, ad esempio, AF News per parlare della notizia, cita House of Mystery, il blog di Luigi Siviero, che  invece (unico) ci cita come fonte diretta, e ignora totalmente noi, che siamo la fonte delle notizie di Siviero. Ma non è la prima volta che AF News preferisce affidarsi alle fonti secondarie, invece di citare quelle primarie. Era già successo nel caso dei traduttori Planeta. Si vede che Fumetto d’Autore non è attendibile. E che dire delle obiezioni poste da Fumetto d’Autore? Quando le poniamo  noi siamo maliziosi, o faziosi. Quando le stesse cose le dicono altri, invece, sono contributi preziosi. Vabbé, è la solita storia. Si bada a chi dice le cose, invece di cosa si dice. Ma in fin dei conti, a parte il divertimento di far notare queste spassose notarelle di comunicazione, a noi non interessa. Noi facciamo il nostro lavoro di giornalisti, lo facciamo bene, e del resto non ci interessa. E a chi ci dice come dovremmo fare il nostro lavoro rispondiamo “Grazie, lo terremo presente. Ciao.” Ma a questo punto basta parlare del Comics Day. Tanto manca una settimana alla chiusura del calendario, e quindi   giochi ormai sono fatti. L’evento si farà, se ne parlerà, i soldi per l’anno prossimo ci saranno, e il Comics Day  si farà anche nel 2011. E sapete perché? Perché una volta che si mette in moto una macchina burocratica come questa, va avanti per forza di inerzia. Prima di togliere il Comics Day dalle “cose che si faranno” del Ministero della Gioventù, o dell’ANCI, ce ne vuole.

Comunque basta Comics Day. Parliamo invece di un’altra cosa, ben più importante, a cui il Comics Day dovrebbe servire, ossia la PROMOZIONE del fumetto. Senza tanti giri di parole vado subito al dunque: Se la promozione del fumetto non porta a maggiori vendite dei fumetti stessi, e quindi a maggiori incassi per gli editori che pubblicano i fumetti, e di rimando ai commercinati di settore, allora è una promozione sterile. Se la promozione del fumetto non porta a sgravi fiscali, e a sostegni economici da parte del governo all’editoria a fumetti (a TUTTA l’editoria, ma qui  parliamo di fumetti), allora è una promozione inutile. Se non si sostengono le persone che fanno CONCRETAMENTE i fumetti, ossia editori, autori, disegnatori, allora tra un po’ non ci saranno più fumetti da promuovere. A me personalmente un bel dibattito culturale sulla nobiltà del fumetto può interessare. Vedere tanti bimbi e bimbe, carini e paffutelli che giocano gioiosi nelle piazze con un fumettino in mano, intenerisce il cuore (anche io ho un cuore, sapete?), ma poi a livello di incidenza effettiva sul mondo del fumetto, non contano nulla. Nulla. Ho detto nulla? Lo ripeto: NULLA. Il fumetto in Italia si promuove facendolo sopravvivere, e se si vuole che il fumetto sopravviva si devono mettere in grado di sopravvivere, quelli che i fumetti li fanno e li producono. Sennò il fumetto in Italia non lo promuoveremo, ma lo “ricorderemo”. In fin dei conti si possono fare convegni, dibattiti, giornate di sostegno, anche per i dinosauri. Con un piccolo particolare: sono estinti. Allora, per piacere….volete promuovere il fumetto in Italia? Meno feste di piazza, e più rotture di scatole al Governo, perché cacci dei soldi a sostegno della categoria. Altrimenti il fumetto in Italia, finirà come i Mammut. E non so se ci sarà una parte per il Fumetto in L’Era glaciale 4.

Ecco fatto. Chiaro, conciso, e senza mezzi termini.

Vogliamo dirci come stanno le cose? Le cose stanno che siamo alla canna del gas.

Ieri (21 aprile 2010) la FIEG ha presentato un documento sullo stato della stampa in Italia 2007-2009. Le conclusioni  sono terrificanti. Cito dall’articolo su La Repubblica, che fornisce alcuni dati tratti  dal rapporto:

Nell'attuale scenario dell'editoria "non è possibile aspettare che la crisi passi da sola, ma bisogna muoversi con urgenza e con la massima determinazione" è il monito della Fieg, che auspica che "non si allunghino" i tempi per la convocazione degli Stati generali dell'editoria, "utile occasione per mettere a punto un disegno riformatore e di politica industriale coerente e, soprattutto, efficace". Altrimenti, avverte la Fieg nello studio, il rischio è "il depauperamento di quel grande patrimonio sociale e culturale rappresentato dalla pluralità delle voci della stampa italiana".

La questione centrale, per gli editori, è "coniugare la valorizzazione dei mezzi tradizionali" con "la capacità di trarre dai new media ricavi sufficienti a remunerare gli elevati costi di produzione e, in prospettiva, a compensare la declinante redditività dei prodotti cartacei". Servono però leggi al passo con i tempi, mentre il nostro impianto legislativo è "in ritardo e per molti aspetti punitivo": vedi l'Iva differenziata (al 4% per i prodotti su carta, al 20% sull'online) o la scarsa tutela del diritto d'autore sul web, con i contenuti dei giornali "impunemente saccheggiati da motori di ricerca e da rassegne stampa cartacee e radio-tv".

Lo studio annuale sul settore riferisce i dati relativi alla pubblicità sui quotidiani che, nel primo scorcio del 2010, ha segnato un +0.6%, che arriva però dopo il -16.4% del 2009; i periodici registrano invece un -13.5% (dopo il -29.3% dell'anno scorso). Deludente anche l'andamento delle vendite: nel primo trimestre 2010 -6% per i quotidiani, in linea con il 2009 per i periodici (-5.6%). Il fatturato ha subito tre cali consecutivi: -1.4% nel 2007, -4.5% nel 2008 e -9% nel 2009. Anche i costi industriali sono calati, ma in misura nettamente inferiore: -0.8%, -1.7%, -5%. Il margine operativo lordo è dunque peggiorato molto, passando dai 261,6 milioni di euro del 2007 ai 16,2 del 2009 (-93.8%). Molto difficile anche la situazione della stampa periodica. Parallelamente sono cresciuti i costi di produzione: secondo l'ultima indagine Mediobanca, nel 2008 il rapporto costo del lavoro/fatturato è stato in media del 10.4%, ma nel comparto editoria è stato del 20.2%, quasi il doppio.

La Fieg non esita a citare la sospensione alle agevolazioni per gli abbonamenti postali come una delle "misure" adottate dall'esecutivo "che non è improprio definire punitive per il settore", in quanto a effetto retroattivo, imponendo cioè la tariffa piena anche alle spedizioni per abbonamenti in corso retti da condizioni non più negoziabili". Tutto ciò "si traduce in un pesantissimo aggravio di costi proprio in un momento in cui le imprese devono confrontarsi con una flessione della domanda interna".

Tra l'altro, ricorda la Federazione degli editori nello studio, in Italia solo il 9% delle copie dei quotidiani viene venduto in abbonamento: un dato spiegabile con "un sistema distributivo la cui funzionalità è stata stigmatizzata dalla stessa Autorità Antitrust, ingessato com'è da regole che impediscono "il naturale adeguamento dell'assetto distributivo all'evoluzione della domanda", e con un "sistema postale inefficiente e oneroso tanto da indurre l'Antitrust ad auspicare l'eliminazione della norma che individua in Poste italiane l'unico soggetto che può applicare le tariffe ridotte incassando il corrispondente contributo". Non ultimo, il problema delle rese: per i quotidiani più del 30% delle copie distribuite; per i periodici, oltre il 45%. “

Non so se avete letto con attenzione.

“Nell’attuale scenario non è possibile aspettare che la crisi passi da sola”. Cosa significa? Che la crisi c’è e che è consolidata, ossia non legata a un momento passeggero. L’editoria (e l’editoria a fumetti è parte del settore generale dell’editoria, quindi non può tirarsi fuori da questo discorso) è in crisi da anni. Nel 2009 i periodici (settore in cui si considerano i fumetti, non essendo quotidiani), hanno subito un calo di vendite dall’anno precedente del 5,6%. Vi sembra poco? Potrebbe essere, se non fosse che sono anni che il calo è progressivo, e mai inferiore al 5% ad anno. A questo aggiungiamo il recente scandalo della soppressione delle agevolazioni per gli abbonamenti postali, o l’invio di stampa via posta, che  riduce in modo sensibile i margini di profitto per chi vende online, ad esempio, o deve spedire al cliente.

E se nelle edicole la situazione è questa, ossia un calo generale medio del 5% delle vendite dal 2008 al 2009 (e non basta vendere 100.000 copie di Tex colore con La Repubblica, o degli  allegati Marvel con La Gazzetta dello Sport, per dire che la Crisi non ci sia), nelle fumetterie siamo messi anche peggio.

Questo primo trimestre 2010 (ma le avvisaglie si vedevano anche nel 2009, per chi era onesto e le ammetteva) ci dice che le cose sono messe male, ma male assai. Proviamo a dirla così: ogni  sistema economico per mantenere se stesso nelle condizioni di status quo (escludo quindi la possibilità di espandersi e crescere), ha bisogno di un fatturato X, che generi una movimentazione di soldi all’interno del sistema economico, bastante a mantenere in vita la struttura così come è. Ossia, andando al sodo, se il sistema “Mercato del Fumetto in Punti Vendita Specializzati” prevede come componenti TOT editori, TOT distributori, TOT fumetterie, ossia a) chi realizza i fumetti, b) chi li porta nei punti  vendita, c-) chi gestisce  i punti vendita., per mantenere in piedi  questa struttura serve un fatturato preciso, che deriva da un solo modo: le vendite dei fumetti. All’interno del sistema economico del Fumetto nelle Fumetterie, i soldi girano solo se si vendono i fumetti. Non esistono altri modi con cui i soldi arrivano. Non ci sono incentivi statali, come nel caso Fiat, o sgravi fiscali. Il “numero di mantenimento”, chiamiamolo così, è dato solo da quanto si vende.

Se si scende al di sotto di questo numero di mantenimento, il sistema non è più in grado di mantenere questa struttura. Quindi non è più in grado di sostenere TOT editori, TOT distributori, TOT fumetterie, e dovrà rimodellarsi con numeri inferiori.

Mi spiego? Al di sotto del numero di mantenimento, il sistema deve darsi una nuova sistemazione, passando a un numero di soggetti compresi all’interno del sistema inferiore, perché non è più in grado di mantenere il numero di soggetti attivi  fino a quel momento.

Detto questo…come siamo messi come mercato del fumetto  ora? Volete che vi dica la mia opinione? Siamo al LIMITE del numero di mantenimento. Ossia, le vendite complessive nelle fumetterie sono al limite per il mantenimento della struttura, così come è adesso. Se calassero ulteriormente, il sistema dovrebbe ridimensionarsi.

Per dirla in modo più brutale, la torta non basta più per tutti.

Adesso, visto che la situazione è questa (e chiunque sia dotato di buon senso non può non conoscerla), mi chiedo…ma che promozione ci  serve? Quale promozione è davvero UTILE al fumetto? Avere un riconoscimento culturale? O avere un sostegno economico? A me del riconoscimento culturale non interessa nulla. Io  lo so già che il fumetto è cultura. Non deve arrivare il professore di  letteratura inglese dell’Università di Milano a fare un dibattito. E oltretutto, dopo che  questo dibattito c’è stato, le cose non cambiano. Le vendite non si muovono di una copia.

Attenzione, a me i dibattito piacciono. Sono divertenti (per me) sono interessanti, si impara sempre qualcosa. Ma i dibattiti si possono fare anche su cose sparite. Sui  Dinosauri. O sulle videocassette.

Invece io vorrei che chi si pone come obiettivo quello di promuovere il fumetto, perseguisse obiettivi in grado di  aiutare il fumetto a sopravvivere, non solo ad essere celebrato.

Perché di celebrazioni  si può anche morire.

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