- Categoria: Editoriali
- Scritto da Super User
- Visite: 12194
L'Editoriale » La critica oggettiva non esiste. Ma è mai esistita?
di Alessandro Bottero
[19/05/2010] » Una delle cose che ognuno di noi fa è formarsi ed esprimere le proprie opinioni, riguardo tutto ciò che lo coinvolge. A partire dalle massime domande di senso nel mondo, fino al fumetto più “sotto la cintura” che si sia letto. Ognuno ha le proprie opinioni, e le opinioni hanno tutte, in partenza, uguale dignità. Di fronte a un quadro di Paul Klee, sia l’opinione del professore emerito di storia dell’arte contemporanea che ne resta estasiato, sia l’opinione di chi dice “che è ‘sta cazzata?”, hanno pari dignità e diritto di essere pensate ed espresse. Ce l’hanno perché si tratta di opinioni del soggetto, ossia espressione di un giudizio personale, autonomo e libero. Non si può impedire alle persone di provare piacere estetico per le cose che a noi invece non piacciono, o che riteniamo malfatte, né, al tempo stesso possiamo imporre le nostre opinioni estetiche (perché ricordo che qui si parla a livello estetico, non etico) ad altri, così che a loro piaccia ciò che a noi piace e a loro no. Ed anche dire “Ok, a te non piace. È evidente che non capisci niente, ma siamo in democrazia, quindi fai come ti pare”, significa porsi a priori su un piedistallo rispetto agli altri. Siccome a te non piace la cosa che a me, persona fichissima e culturalmente superiore, allora in realtà sei vetusto/imbecille/di coccio/impossibile parlare con te/ripetitivo/scassa palle/ ecc, ecc, ecc. Scegliete un appellativo, e usatelo per squalificare chi avete di fronte.
Le opinioni dicevo sono, e devono essere, tutte di pari dignità. A questo punto però si procede, perché rimanere a livello di pura opinione è rimanere nell’ambito del gusto personale. Dall’opinione si passa al giudizio, e quindi dal terreno del Gusto, si passa al campo della Critica.
Una critica potrebbe essere definita come una opinione motivata, che si esprime nella forma del Giudizio. Come ci dice infatti Immanuel Kant nella sua Critica del Giudizio, la critica è “la facolta di esprimere giudizi”, ed è una facoltà presente in ogni uomo. Ogni uomo quindi è in grado di esprimere giudizi, e quindi di criticare. Un giudizio è un passo ulteriore rispetto al dire “non mi piace”. È il tentare di dire PERCHE’ non mi piace, o mi piace. Ossia motivare il tutto. Ma la cosa è sempre all’interno di un ambito soggettivo. Io valuto, ed esprimo giudizi su un’opera, in base alla MIA valutazione, e in base ai MIEI parametri.
Per secoli si è detto che la critica esisteva come forma oggettiva. Esisteva, vale a dire, un modo giusto di fare critica, e molteplici modi sbagliati (visto che non erano quell’”uno”). Harold Bloom, e i neoclassicisti americani sostengono ancora questo, e ritengono, ad esempio, che nel campo della Letteratura, il cosiddetto “Canone Occidentale”, sia la cartina al tornasole in base a cui criticare o meno le varie opere. Lo studio dei Classici fornisce gli strumenti critici per interpretare il presente, e le novità vanno messe a confronto con il Canone, per poterle criticare (ossia esprimere una valutazione certa ed oggettiva).
Ma questa è UNA posizione critica. Esistono, a partire dal novecento, molte altre strade. Esiste la Critica Marxista, quella di Genere, quella Militante, la Strutturalista, e così via. Ossia, volendo estremizzare (ma mica poi tanto) esistono tante “chiavi di lettura critica”, quanti critici.
Posso oggi dire “esiste un modo OGGETTIVO, UNICO, CERTO, INDISCUTIBILE, per valutare un’opera”? A parer mio no. La Critica non esiste più. Esistono i critici, che espongono ognuno le proprie opinioni, con motivazioni più o meno convincenti, ed il discrimine tra le varie opinioni non è l’autorevolezza dei titoli di studio del singolo critico, o la veemenza con cui le si espongono, o gli sberleffi usati per ridicolizzare chi non la pensa come noi. Il discrimine tra opinione individuale e giudizio critico condiviso, è appunto nella CONDIVISIONE da parte di terzi, dell’opinione espressa dal singolo. È in tale condivisione che si, oggi, trovare la “critica”. È finita l’epoca del “Ha parlato il professore X, per cui tu stai zitto!”. Oggi l’autorità non genera più automaticamente in consenso.
Piccolo sassolino. È sempre molto divertente vedere come i massimi relativisti in campo morale, poi diventino fondamentalisti dogmatici in campo estetico.
Oggi autorità parte alla pari con tutti gli altri, e deve mettersi in gioco, proponendo le sue opinioni all’interno del libero gioco dialogico. Se la sua opinione estetica su una determinata opera non convince, allora, pur rimanendo vera e valida per il soggetto che la espone, non può pretendere di assumere valore “oggettivo”.
E veniamo alla fine. Viene pubblicato un fumetto. Ti piace? Perfetto. Non ti piace? Perfetto. Il massimo critico di fumetti al mondo dice che è un capolavoro, e ciò nonostante ancora non ti piace, e ritieni che NON sia un capolavoro? Perfetto. Hai il diritto di pensarlo, dirlo, e non sentirti imbecille o vetusto, solo perché fa figo dare retta al massimo critico di fumetti al mondo.
A me piacciono gli ABBA, e anche se tutta la popolazione mondiale dicesse che gli ABBA fanno schifo, a me piacerebbero lo stesso. E nessuno avrebbe il diritto di dirmi nulla, perché io sono io, e io so cosa mi piace. E se 6 miliardi di persone mi dicessero che quello che mi piace non dovrebbe piacermi, sbaglierebbero loro. Anche se io leggessi fumetti “sotto la cintura”, e non “con la testa”. E chi vuole capire, capisca.