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L'Editoriale » Il fumante Fumetto
di Alessandro Bottero
[07/06/2010] » Fumetto, Comics, Bande Dessinee, Manga, Historietas….e probabilmente (anzi, sicuramente), vi sono definizioni anche in tedesco, olandese, arabo, e perché no….Bengali. Ultimamente ho trovato un albo di Asterix tradotto in Bengali (una delle lingue usate in India), e presumo che quando un lettore bengalese chieda “Cheppeppiacere c’hai l’urtimo de Astericse?” non usi parole come comics, fumetto, o simili.
Ossia ogni lingua ha una parola per definire la cosa che a noi piace, e che si compone di un insieme di immagini e testi correlati, disposti o in didascalie o in “pipette” vicino ai personaggi. Il discorso potrebbe farsi più ampio: se la lingua è uno degli elementi tramite i quali si esprime la cultura di una società, quanto più ampio è lo spettro di significati espresso da quella lingua particolare, tanto più ricca sarà quella cultura. Per converso tanto maggiore sarà il ricorso a parole di un’altra lingua, tanto meno ricca (e quindi più povera) sarà quella cultura, perché non troverà in se stessa la capacità di “dare un nome” a qualcosa.
I francesi sono sciovinisti, ma mica hanno tanto torto quando lottano per salvare e proteggere la propria lingua. Chiamare il computer ordinateur, non è solo un vezzo snob. È un tentativo di dire “la mia lingua è talmente ricca, che può dare un nome a questa cosa”.
Con questo non voglio dire che l’uso di parole straniere sia in sé sbagliato, quasi che sia eticamente riprovevole. Le parole sono strumenti, e quindi un altro criterio da usare è anche quello dell’efficacia maggiore di uno strumento rispetto a un altro, ma allora mi verrebbe da pensare che se si usa la parola comics, quando in italia abbiamo “fumetto”, allora perché non usare editor, per il supervisore? Oppps….scusate, dimenticavo che già si fa. Allora, perché non usiamo artist, per i disegnatori? O writers, per gi sceneggiatori? Perché ci sembra RIDICOLO uno che dice “Sì, io lavoro nei comics, faccio il writers”? Solo perché sembra uscito da un film dei Vanzina, o perché, più in profondità, sta dicendo cose assurde?
Questa tendenza all’Itanglese è uno dei retaggi più dementi di quella ubriacatura per la globalization, e il dominio dell’economia su tutto il resto, che permane dopo la crisi economica mondiale. Non ci credete? Allora ditemi un po’…se vi recito questo mantra: “Il nostro Core Business è il posizionamento del brand presso il target, cosìcché i nostri business partners colgano appieno la mission della nostra azienda, e si producano in performance di assoluto rilievo, al fine di diventare i Number One del nostro market!”, non sto forse ripetendo frasi e slogan sentiti più e più volte in tutto i campi, anche nel fumetto, dai cosiddetti Rampanti? Io ho sentito più e più volte dire queste cose (variando la posizione delle parole straniere il senso del discorso non cambia), e iil reprimere la risata era sempre più difficile. Diciamo che la difficoltà della repressione del cachinno, era direttamente proporzionale alla serietà della faccia di chi enunciava il mantra.
Tempo fa si è tenuto il Comics Day, ossia la giornata di promozione del fumetto Italiano. E si dice “il mondo è pieno di espressioni del genere”. C’è l’Earth Day, il No Tax Day, il V-Day, l’Election Day…E va anche notato che molte delle mostre mercato italiane, usano le parole Comics o Games (Lucca Comics & Games, Mantova Comics & Games, Torino Comics, Fullcomics e così via…). Tutto vero, tutto giusto. Ma non so…qualcosa mi sfugge. Ossia, posso capire che una manifestazione, con une sua storia, scelga di usare un nome immediatamente più eufonico. Mi lascia perplesso invece il dare vita a una manifestazione ex novo, scegliendo come cosa buona di per sé, la parola straniera, quando invece esistono termini italiani che esprimono compiutamente e completamente lo stesso concetto. Forse il Festival del Cinema di Venezia, si chiama Movie Festival di Venezia? O a Roma si tiene
See you later, o per dirla come si mangia….se vedemio.
ps: "Fumetto" contro "Comics"? Il dibattito continua. La parola all'anagrafe e alcune considerazioni di Adriano Monti-Buzzetti.