- Categoria: Critica d'Autore
- Scritto da Giuseppe Pollicelli
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Le Storie (del mondo) secondo Bonelli
di Giuseppe Pollicelli
Qualunque altro editore italiano avesse lanciato in edicola una collana a fumetti costituita da albi mensili contenenti ciascuno una lunga storia inedita e autoconclusiva, cioè slegata dal meccanismo della serialità e priva di personaggi fissi, l’avrebbe senza dubbio intitolata «Graphic Novel». Graphic novel, alla lettera «romanzo grafico», è infatti la doppia parola magica grazie a cui il fumetto di casa nostra, da alcuni anni, ritiene di poter essere definitivamente accolto nei piani alti del mondo intellettuale, là dove si produce e si consuma (o almeno si presume di farlo) cultura con la C maiuscola. Doppia parola magica, graphic novel, che dovrebbe anche assicurare una maggior attenzione da parte dei lettori, consentendo di intercettare il pubblico che di solito non guarda con particolare interesse alle cosiddette «nuvole parlanti».
Qualunque altro editore italiano, dicevamo, tranne la Sergio Bonelli Editore. La quale, dimostrando ancora una volta un’ammirevole sprezzatura verso ciò che è corrivo e conformista, ha battezzato la sua ultima collana mensile (fatta di episodi autoconclusivi di 110 tavole) con un nome semplice e italianissimo: Le Storie. Non si vede, d’altra parte, cosa potesse importare di ricorrere a superficiali e poco significative etichette a una casa editrice che - prima che l’espressione «graphic novel» cominciasse a diffondersi per iniziativa del fumettista americano Will Eisner (era il 1978) - aveva già varato una serie di volumi (dalla veste grafica prestigiosa e realizzati dai migliori autori di fumetti) ognuno dei quali era, in tutto e per tutto, un «romanzo grafico». La serie in questione, ideata dallo stesso Sergio Bonelli e uscita tra il 1976 e il 1980, s’intitolava «Un uomo, un’avventura» e si avvaleva dell’apporto di firme di livello assoluto come Crepax, Pratt, Toppi, Battaglia e Manara. La nuova collana bonelliana ne riprende lo spirito ma con alcune differenze dovute al mutare dei tempi e del mercato. I volumi di «Un uomo un’avventura» erano a colori, cartonati, di grande formato e pensati per le librerie, mentre quelli de «Le Storie» sono fascicoli in bianco e nero, da edicola e nel classico formato di Tex. Il che li avvicina a un’altra pubblicazione della Bonelli, ancora più antica (esordì nel 1967), la «Collana Rodeo», che ospitava sì delle serie a continuazione (come la famosa «Storia del West») ma anche singole avventure autoconclusive. Ciò che più accomuna «Le Storie» a «Un uomo, un’avventura» è, forse, l’enfasi posta - a differenza di quanto faceva la «Collana Rodeo» - sui nomi degli autori, cui viene data grande evidenza già a partire dalle copertine (affidate al maestro dell’illustrazione Aldo Di Gennaro).
Spettacolare, a tale proposito, la cover del primo numero, uscito pochi giorni fa, in cui il boia Sanson, attivo durante il Terrore giacobino, mostra alla folla, sotto un’incombente ghigliottina, la testa appena tagliata di un condannato. «Il boia di Parigi», scritto da Paola Barbato e magnificamente disegnato da Giampiero Casertano, costituisce - coi suoi toni morbosi e l’apprezzabile fedeltà storica - un esordio di tutto rispetto per la collana, che nei prossimi due mesi proporrà una vicenda ambientata nel Giappone del periodo Edo («La redenzione del samurai», di Recchioni e Accardi) e una storia i cui scenari saranno quelli dell’India coloniale di metà Ottocento («La rivolta dei Sepoy», di De Nardo e Brindisi). L’intenzione della Bonelli sembra quella di dar vita a un excursus attraverso i vari luoghi del mondo e le diverse epoche storiche: quasi un tributo al dimenticato «Giornale dei Viaggi», effimera ma interessante rivista di divulgazione che Sergio Bonelli editò nel 1961 per dare sfogo a due tra le sue passioni più grandi, appunto i viaggi e la storiografia. L’auspicio, a questo punto, è che la Bonelli consenta ai suoi autori di utilizzare «Le Storie» anche per tentare qualche sperimentazione di carattere formale e narrativo, senza vincolarli alle formule classiche da sempre care alla casa editrice milanese.
*Articolo tratto da “Libero” del 21 ottobre 2012. Per gentile concessione dell'autore.