- Categoria: Critica d'Autore
- Scritto da Giuseppe Pollicelli
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Avventure Noir: gli altri Diabolik, Kriminal e Satanik, tra eros e violenza
di Giuseppe Pollicelli*
A suo modo è un tributo a Diabolik. E tra i tanti che l’antieroe in calzamaglia ha ricevuto nel 2012 per i suoi primi cinquant’anni (venne creato nel 1962 dalle sofisticate sorelle milanesi Angela e Luciana Giussani, che si ispirarono ai gialli francesi di Arsenio Lupin, Fantômas e Rocambole) è forse l’omaggio più originale e lusinghiero, perché meglio degli altri documenta quanto fu potente l’impatto del Re del Terrore sull’immaginario degli italiani e sull’editoria del nostro Paese. L’omaggio di cui stiamo parlando è un monumentale libro (frutto della costanza e del sacro fuoco collezionistico di un editore e commerciante di Bari, Luca Mencaroni, che lo ha curato e dato alle stampe) intitolato Avventure Noir. La guida degli epigoni di Diabolik, Kriminal e Satanik (Ed, Mencaroni, pp. 320, euro 49, richiedibile all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). Di grande formato, interamente a colori, valorizzato da una carta di qualità sopraffina, il tomo scheda uno per uno, dispensando una quantità incredibile di informazioni, i numeri di tutti i personaggi del fumetto italiano nati in seguito alla comparsa di Diabolik, molti dei quali contraddistinti da un’esistenza effimera e accidentata. Il lavoro, frutto di anni di ricerche, esclude dal suo raggio d’interesse non solo Diabolik ma anche i suoi due successori di fama e respiro più ampi (lo spietato delinquente Kriminal e la crudele Satanik, entrambi creati nel 1964 dallo sceneggiatore Max Bunker e dal disegnatore Magnus) per concentrarsi sui caratteri minori, quelli di cui nessuno conserva il ricordo eccezion fatta per un drappello di appassionati. Il particolare più strabiliante del volume è che di queste collane tascabili per adulti riproduce la totalità delle copertine: sfogliarne le pagine, perciò, è un vertiginoso viaggio nel tempo, significa tornare con la mente e con gli occhi a un periodo (quello che va dalla metà dei Sessanta alla metà dei Settanta) in cui l’infrazione di tabù e convenzioni era quasi un imperativo categorico. Numerosi, in effetti, furono gli editori e gli autori più o meno improvvisati che, sulla scia del successo di Diabolik, provarono a cavalcare - chi per mezzo del noir e dell’horror, chi attraverso il giallo - il desiderio di trasgressione di un’Italia inebriata dai cambiamenti di costume che il boom economico stava portando con sé.
Ecco dunque affacciarsi nelle edicole uno dopo l’altro, piccoli ma preziosi tasselli di una modernità ormai alle porte, spaventosi criminali il cui comun denominatore, oltre al fatto di indossare un inquietante costume, era quello di contenere una lettera esotica nel nome, preferibilmente una K o una X. Solo per citarne qualcuno: Fantax, Mister-X, Demoniak, Sadik, Jnfernal, Maskar, Masokis, Zakimort (una donna, quest’ultima). Ingrediente immancabile di queste saghe a fumetti era l’erotismo, sempre però associato alla violenza, alla sofferenza e ai concetti di peccato e di punizione, a testimonianza di una visione della sessualità ancora inevitabilmente intrisa di cattolicesimo preconciliare. Fra coloro che contribuirono alla realizzazione di tali personaggi figurano peraltro alcuni nomi che, negli anni a venire, avrebbero conosciuto una straordinaria consacrazione professionale. I testi di Jnfernal, per esempio, erano firmati dallo scrittore Alberto Ongaro (che nel 1986 vincerà il Super Campiello con il romanzo La partita) e da Nullo Cantaroni, autore di romantici best seller dietro lo pseudonimo (condiviso con la moglie Bice Cairati) di Sveva Casati Modignani. Il costume di Killing (unico caso, assieme a Genius, di fotoromanzo nero) venne invece disegnato dal futuro creatore di E.T., il tre volte premio Oscar Carlo Rambaldi.
Un’opera come Avventure Noir ci fa comprendere che epigoni e succedanei - vale per l’editoria ma anche per ogni altro ambito delle società industrializzate - altro non sono se non lo sfondo di un’epoca. Sono ciò che rimane in secondo piano e che è, però, parte integrante e irrinunciabile del paesaggio. L’epigono è il fantasma appena intravisto, è l’immagine dai contorni labili che tuttavia, nella sua essenza, si fissa indelebilmente nella memoria generando emozioni e ricordo. Recuperare questo sfondo come ha fatto Luca Mencaroni, conferirgli piena forma sottraendolo alle nubi della reminiscenza, equivale a rendere concreta una chimera. Significa combattere e, per una volta, sconfiggere l’impermanenza, regalando una benefica illusione di immortalità.
*Articolo apparso su “Libero” dell’8 dicembre 2012. Per gentile concessione dell'autore.