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Napoli Cosplaycon vs Napoli Comicon: sarà chi non compra i fumetti a salvare il fumettomondo nel 2013!

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La rubrica più politicamente scorretta del fumetto italiano. Appunti di viaggio nel mondo del fumetto, attraverso i suoi protagonisti e l’informazione di settore.

Napoli Cosplaycon vs Napoli Comicon: sarà chi non compra i fumetti a salvare il fumettomondo nel 2013!

di Giorgio Messina

I tipi del Comicon quest’anno volevano festeggiare il connubio tra la letteratura e il fumetto. Per pubblicizzare l’alto matrimonio culturale avevano tirato fuori una campagna pubblicitaria con una serie di manifesti talmente brutti che nemmeno la fiera dell’antiquariato di Viggiù avrebbe saputo fare peggio. Hanno finito invece per celebrare il de profundis di quell’editoria a fumetti che non gode del posto al sole della diffusione popolare ma sopravvive soprattutto muovendosi soprattutto tra le fumetterie e le fiere del settore. Cioè la stragrande maggioranza degli editori presenti al Comicon.

La fiera napoletana ha sofferto, anche in questa edizione “tutti insieme appassionatamente a Oltremare”, dei soliti difetti riscontrati nelle edizioni precedenti e diventati ormai atavici. Mostre e iniziative degli amici dedicati agli amici. Prendiamo ad esempio l'esperimento dei 5 blogger al Comicon. L'iniziativa lascia un bilancio che solleva molti dubbi nei confronti di un evento come il Comicon che usa questo modo di fare informazione. Se l'organizzazione paga vitto, alloggio e gite turistiche a cinque tastiere del web, più o meno seguite, è abbastanza consequenziale (se non fisiologico) che costoro si metteranno i difetti della manifestazione sotto al tappeto in favore della celebrazione di chi gli paga il conto. Gli allestimenti delle mostre erano abbastanza discutibili: fare una mostra per i 30 anni di Martin Mystére usando molte stampe digitali è ormai alla portata di tutti; l’omaggio a Moebius suscitava più desolazione di quanto abbia fatto la notizia della scomparsa dell’autore stesso. Si è registrata la solita disorganizzazione ai botteghini per accrediti e biglietti. Code infinite in cui si dava precedenza a chi aveva acquistato il biglietto on line rispetto agli autori accreditati. Qualcuno di questi ultimi ci ha messo pure due ore per riuscire ad accedere.

Ma la sicurezza messa in piedi quest'anno dal Comicon è riuscita pure a rimediare una gaffe abbastanza rimarchevole. Il primo giorno della manifestazione, all’ingresso dal lato parcheggio espositori, si è assistito a quel zelante esponente della sicurezza che ha impedito al Maestro Paolo Eleuteri Serpieri per più di mezz’ora di accedere alla fiera. L’autore della saga erotica e fantascientifica di Druuna - ospite ufficiale del Comicon in questa edizione tra l’altro - era appena arrivato e non era ancora entrato in possesso del suo accredito. A niente è valso l’interessamento di espositori e addetti ai lavori che passavano di lì in quei lunghi minuti e che, riconosciuto il maestro, hanno provato a intercedere con l’integerrimo esponente della sicurezza (ricordava il vigile di Alberto Sordi ma in salsa napoletana…) cercando di chiarire l’identità del distinto signore sprovvisto di pass che si vedeva però trattato come un “portoghese” qualunque che tentava di imbucarsi. Ma niente da fare. Stessa sorte anche per Dino Caterini, dominus della Scuola Internazionale dei Comics. Anche un maestro internazionale del fumetto come Serpieri e un addetto ai lavori di lunghissima data come Caterini non possono sfuggire alla ferrea logica del pass e del braccialetto (ma dare una lista scritta con i nomi degli ospiti e degli espositori anche agli ingressi interni, no, eh?). Quindi, finché qualcuno non ha portato il pass e i braccialetti, Serpieri e Caterini hanno atteso signorilmente, esercizio di pazienza inglese, sotto il sole napoletano per potere entrare alla fiera che lo aveva invitato come ospite Serpieri e in cui Caterini aveva due stand.

Bisognerebbe stendere, per l’ennesima volta un velo pietoso sulla situazione bagni. Pochi: tre locali bagni per tre padiglioni mentre c’erano migliaia di persone. Impossibili da tenere puliti grazie alla maleducazione di chi li ha scambiati per camerini. Domande da un milione di dollari napoletani: ma perchè chi paga uno stand non ha diritto nemmeno ad un bagno riservato e deve fare lunghe file insieme agli avventori? E perchè migliaia di visitatori hanno diritto solo a 3 locali bagni?

La cerimonia di consegna dei Premi Micheluzzi invece non ha riservato sorprese di sorta. Tutto già previsto. E non poteva essere altrimenti. Viste le assegnazioni dei premi, non è restato che prendere atto anche questa volta della volontà (tutta “politica”) di cercare di non scontentare quegli autori, quegli addetti ai lavori e quei editori per cui da sempre l’organizzazione ha un occhio di riguardo. L’ennesimo premio a Igort è un insulto a chi lavora sodo, non si lamenta mai, non ha santi in paradiso e non entra mai in nessuna “nomination”. Sembra che non esistano altri autori al Comicon, al di fuori di quelli di un preciso giro. E in questa ottica, il premio Nuove Strade assegnato con la collaborazione del CFAPAZ a Marino Neri appalesa ancora di più la volontà dei soliti noti di cercare di costruire a tavolino un nuovo fenomeno autoriale graphic novel oriented sulla scia dei vari Gipi, Manuel Fior e dell’impresentabile Giacomo Monti. È sempre più forte l’impressione che ad avere più bisogno di questi fenomeni sia maggiormente la "critica" che li crea in vitro, che non gli autori stessi…

Ma che al Comicon ci siano da sempre figli e figliastri non è comunque una novità. In questa edizione, abbiamo assistito anche a editori e autoproduzioni che hanno degnato il festival, gli altri espositori e i visitatori della loro presenza solo per i primi due giorni e poi hanno lasciato i loro stand vuoti nei rimanenti due giorni della fiera. Reazioni dell’organizzazione del Comicon a questo modo di fare? Praticamente nulla. Erano troppo occupati a contare i visitatori al botteghino per rendersi conto dei buchi creatisi tra i corridoi della “loro” fiera? Chissà. Risposta ufficiale non pervenuta. Fonti interne all’organizzazione hanno solo blandamente posto l’accento sulla “scorrettezza” degli assenti. Vabbè. Viene da chiedersi: ma questi che hanno interrotto improvvisamente la loro presenza al Comicon (per gli amanti degli elenchi: Giuda Edizioni, CortoComix e Dylandogfili) lo spazio lo hanno pagato? Gli impegni li onorano? Oppure visto l’andamento generalizzato delle vendite hanno visto in una ritirata inattesa il modo migliore per contenere i danni economici? O più semplicemente: il ponte era lungo, perché perderselo tutto dentro al Comicon con le belle giornate che ci sono fuori? Ah, saperlo.

Ma il paradosso dei paradossi rispetto a quanto si è assistito nei quattro giorni di questo Napoli Comicon 2012 consiste nel fatto che il trionfo al botteghino ha corrisposto ad una immensa sconfitta culturale. Quando si vuole celebrare il trionfo del rapporto tra fumetto e letteratura e poi il 95% dei biglietti staccati sono riconducibili a cosplayer, cozzplayer, bimbiminkia e ragazzini in cerca di svago, bisognerebbe iniziare a farsi qualche domanda, soprattutto se il sottotitolo della manifestazione è “Salone internazionale del fumetto”.

Il Napoli Cosplaycon ha trionfato sul Napoli Comicon.

Ora si badi bene: non ci infastidisce minimamente che il Comicon sia diventato il luogo eletto in un cui si svolge un infinito “rave” del divertimento che va in scena sul prato della mostra di Oltremare dalle 10.00 alle 20.00 per 4 giorni di fila e che ha per protagonisti ragazzini in crisi ormonale che pensano che l’arte del cosplay si riassuma nel mettere calze autoreggenti o mostrare petti e cosce. Si percepiva chiaramente la felicità degli astanti derivante da questa sospensione della realtà quotidiana durata quattro giorni, dove tutti potevano essere ciò che volevano alla modica cifra di 12 euro, cioè il prezzo del biglietto. Il tutto era coreograficamente annaffiato dalle fontane del prato di Oltremare, in un lungo ponte festivo e sotto un cielo (quasi) sempre splendido. E in tempi di crisi come questi, la felicità non ha prezzo.

Bisogna però ricordare che il fenomeno cosplay – e l’arte che ci sta dietro - è ben altra cosa rispetto a quello che si è visto andare per la maggiore nelle giornate napoletane. E se fatto bene e con serietà, il cospay lo abbiamo sempre visto con occhio ammirato e vivo interesse culturale. Il punto è che a questa variegata umanità che ormai assalta i botteghini dei “Salone internazionale del fumetto” napoletano, del fumetto, in fin dei conti, non interessa quasi un bel nulla. Anzi. In realtà questa massa sta operando una rivoluzione silenziosa di senso inverso che non è solo culturale, ma principalmente di costume, per buona pace del cosplay stesso, che ora è diventato solo un pretesto per socializzare e mettersi in mostra. Quanta gente girava con cartelli indicanti “free hugs”, se non addirittura “insulti gratis”? Tanti. E che c’entra ciò con il fenomeno cosplayer? Nulla.

Il fatto che nei giorni della manifestazione napoletana i corridoi del quadrilatero editori siano rimasti spesso vuoti, a secco non solo di visitatori ma anche di interesse, mentre fuori dai padiglioni e nei padiglioni gadget e giochi non c’era un centimetro quadro per muoversi in mezzo al carnaio, la dice lunga della rivoluzione copernicana che si sta completando nel settore e che ormai era in atto da diversi anni. Ma non lasciamoci ingannare. Nonostante il pienone negli altri padiglioni, anche gli espositori dell'area librerie, gadget e giochi si sono lamentati di questa edizione del Comicon e dei magri affari.

Per questa nuova generazione di frequentatori di fiere del fumetto, Il fumetto è diventato il corollario del suo stesso salone internazionale. Il visitatore “medio” del Comicon 2012 era venuto con altri interessi rispetto al libro con i disegni e le nuvolette, e si è portato anche l’asciugamano per distendersi al sole del ponte del primo maggio. Quindi è una fesseria dire che i fumetti non si vendono a causa delle scelte editoriali sbagliate e che la crisi non ha ricadute sulle vendite. Ovvero, c’è qualcuno che sostiene che i libri non si vendono perché i titoli prodotti non sono di interesse. Fesserie. Il pubblico guarda con interesse ciò che gli interessa (non si sfugge alla tautologia...), ma se il budget è limitato, poi si finisce a fare scelte prioritarie obbligate nella gestione delle cifre a disposizione sempre più esigue. Il fumetto non è un genere primario, nemmeno alle fiere del fumetto. Non è una novità. I barattoli di spaghetti liofilizzati in vendita a pochi euro che imperversano negli ultimi anni per le fiere lo dimostrano senza ombra di dubbio. L'unico vero trionfatore del Comicon è il bar.

E quindi? Muia Sansone con tutti i filistei? Via questa mandria colorata e folkloristica dalle fiere del fumetto perché fanno un torto alla sacra liturgia della graphic novel che incontra la letteratura nell’empireo fieristico? Via coloro che non comprano? Ma assolutamente no. La generazione attuale è questa e se è così è soprattutto merito anche nostro, sia nel bene che nel male. L’unica differenza è che stavolta il cambiamento è stato sotto gli occhi di tutti, come mai prima ad ora, perché si è superato il punto di non ritorno: gli scugnizzi rumorosi del Comicon comprano praticamente solo manga che hanno prezzi ancora contenuti, i pochi quarantenni in giro per il salone napoletano, manco fossero gli ultimi giapponesi, comprano i fumetti, che hanno prezzi sempre più di nicchia. Ovviamente i ragazzi cresciuti a pane e manga sono molti di più dei quarantenni (o “tardo trentenni”, se preferite) che invece aprono il loro portafoglio all’acquisto delle nuvolette. Ma è matematicamente ovvio che la somma delle possibilità economiche degli scugnizzi è maggiormente superiore a quella dei tardo trentenni. Tradotto abbastanza crudelmente: non ci sono più abbastanza tardo trentenni e over quarantenni con disponibilità economiche tali da tenere in piedi il baraccone del fumettomondo così come lo conosciamo.

E allora che fare? La discrasia tra il nome “Comicon” e il pubblico che ne ha decretato il successo in termini economici, cioè di biglietti staccati, è assolutamente palese. A questo punto ci vuole una soluzione non solo provocatoria ma assolutamente drastica. Il fumettomondo deve sopravvivere. E allora cerchiamo di essere anche cinici: ci sono abbastanza cozzplayer, bimbiminkia e ragazzini disposti a pagare un biglietto del salone internazionale del fumetto per venirci a fare la loro festicciola da poterci fare sopravvivere tutto il fumettomondo.

Mi spiego meglio: Napoli Comicon 2012 ha dimostrato nonostante il fumetto goda di considerazione decrescente presso il pubblico che frequenta la fiere di settore, il numero dei visitatori non interessati è tale da permettere a chi fa fumetti di sopravvivere. Mi spiego ancora meglio: visto che le organizzazioni delle fiere, come quella del Comicon, hanno il loro “core business”, cioè la principale fonte di introito, nel botteghino. Da quest'ultimo arrivano abbastanza introiti, a mio avviso, per potere mantenere in vita “artificialmente” ancora un settore della fiera dedicato agli editori “puri” per parecchio tempo. Quindi, a partire dal 2013, visto che ormai gli editori di fumetti sono, come detto, il corollario delle fiere dedicate ai fumetti, saranno i molti visitatori non interessati che pagando il loro biglietto permetteranno agli organizzatori di eventi come il Comicon di potere dare agli editori stand gratuiti e altre agevolazioni.

Altrimenti nel giro di un paio di anni il Comicon lo dovranno ribattezzare Cosplaycon, sacrificando l'alta cultura del fumetto sull'altare della calza autoreggente.

Ps: se non si fosse capito, la soluzione proposta qui è valida anche per tutte le altre manifestazioni...

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