Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
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Ingroiamoci questo

Moleskine #96

La rubrica più politicamente scorretta del fumetto italiano. Appunti di viaggio nel mondo del fumetto, attraverso i suoi protagonisti e l’informazione di settore.

di Giorgio Messina

Ora, che il magistrato in aspettativa Antonio Ingroia sia “salito” in politica è già un obbrobrio di per sé. Si badi bene, non si tratta di un caso di omonimia, stiamo parlando proprio dello stesso Antonio Ingroia che si parallela di continuo a Borsellino, con la complicità dell’amico di vacanze Marco Travaglio che lo esalta come «unico erede» sia di “Paolo” che di “Giovanni” - cioè Falcone -, ma che “salendo” in politica dal gradino di magistrato si è dimenticato di quando Falcone (La Stampa, 6 settembre 1991) criticava la politicizzazione della magistratura.

Stiamo parlando proprio dello stesso Antonio Ingroia che condusse un processo contro il Capitano Ultimo, alias il Colonnello Sergio De Caprio, accusato di favoreggiamento perché gli fu imputata la mancata perquisizione del covo di Totò Riina che – ricordiamolo contro ogni vulgata ex-post - fu proprio lui, quando era capitano dei Carabinieri, a catturare. De Caprio fu assolto con formula piena.

Stiamo parlando dello stesso Antonio Ingroia che per più di tre anni, nonostante il parere contrario della Procura di Caltanissetta, ha ritenuto credibile oracolo antimafia quel pallista e mistificatore di Massimo Ciancimino.

Stiamo parlando proprio dello stesso Antonio Ingroia che per farsi il simbolo elettorale del suo partito “Rivoluzione Civile” si è appaltato («appropriazione indebita», suggerisce il Sindaco di Milano Pisapia) contro ogni tradizione politica addirittura il “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo, salvo poi frignare qualche giorno fa perché al deposito del simbolo ha scoperto che qualcuno più lesto di lui gli ha clonato il simbolo politico registrandolo al Viminale praticamente in fotocopia prima dei “rivoluzionari civili”. Tradotto: curioso che dopo avere scopiazzato Pellizza da Volpedo il magistrato in aspettativa Ingroia si lagni pure perché venga a sua volta scopiazzato da qualcun altro. Adesso, non contento, Ingroia e i suoi “rivoluzionari civili” per fare campagna elettorale si appaltano anche i personaggi dei fumetti e dei cartoni animati.

E così sulla pagina FB del gruppo che sostiene Ingroia, registriamo l’apparentamento dei nostri eroi di carta e cartone animato preferiti ad Antonio Ingroia. Troviamo Candy Candy (il fatto di presentarla come “Candy Andrew” rende chiaro che dietro questa iniziativa c’è una mente “fine” che di fumetti e cartoni non li ha solo visti, ma li ha anche fatti “suoi” o si è letto le corrispettive pagine Wikipedia…) che nelle vesti di infermiera dice «anche io voto Rivoluzione Civile» perché «voglio una sanità pubblica che tenga conto delle leggi di mercato». Ora qualcuno degli accademici del fumettomondo dovrebbe spiegare agli “ingroiati” che Candy Andrew è un personaggio che vive la sua esperienza di infermiera negli States deegli anni in cui si combatte la Prima Guerra Mondiale. L’esperienza infermieristica della Dolce Candy tra l'altro è un omaggio al messaggio di Florence Nightingale. Ma poi, «una sanità pubblica che tenga conto delle leggi di mercato» che vuol dire? Una sanità pubblica che tiene conto delle leggi di mercato sarebbe ancora peggio di quella ch c'è, e sarebbe identica a quella degli Stati Uniti, dove se non hai una assicurazione che copre le spese, o te le paghi da solo o muori per strada.

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Proseguiamo e ci imbattiamo in Dylan Dog «lavoratore a progetto» (sic!) che vota gli “ingroiati” perché dice «basta con questi mostri che ammorbano le istituzioni». Al di là della creatività che ci vuole nel trasformare un detective privato indagatore di incubi in “lavoratore a progetto” (sì, progetto della bella donna di turno che si porta a letto quasi in ogni albo…), noi non ci crediamo che la Sergio Bonelli Editore, nello specifico Mauro Marcheselli, Davide Bonelli e l’avvocato di fiducia, triplex vestale di tutto quello che è stato emanato dal fu Sergio, riconosca il suo personaggio in questo manifestino. E infatit SBE ci tiene a precisare che «Sergio Bonelli Editore S.p.A., proprietaria del nome e dei diritti di utilizzazione del personaggio Dylan Dog, dichiara di non essere in alcun modo affiliata o di sostenere, con l'immagine di Dylan Dog o di qualunque altro personaggio della Casa editrice, alcuna formazione politica, e diffida dall'utilizzo illecito del nome e dell'immagine delle sue proprietà intellettuali». E non crediamo che si riconoscano nemmeno i lettori dell’indagatore dell’incubo in questa appropriazione indebita in stile Ingroia.

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Ma non sfuggono nemmeno Alan Ford e il Gruppo T.N.T. diventati nella visiona ingroiata «collettivo politico». Si sa che Secchi/Bunker non eccelle in simpatia come eccelle con la penna, ma fare questo alla sua più longeva creatura fumettistica, proprio no. E dire che il biondo e i suoi compari nascono come parodia spionistica. Che cosa ci azzecchi quindi nel manifesto di Rivoluzione Civile Alan Ford, Numero Uno e compagnia bella rivendichino «servizi, sport, verde, centri sociali nei quartieri popolari», non lo si saprebbe spiegare nemmeno in dipietrese. Sapendo che Luciano Secchi ha la diffida facile, questo è uno di quei casi che non ci stupiremmo più di tanto se anche Chez Max facesse pervenire una bella letterina del suo avvocato al magistrato in aspettativa Ingroia.

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C’è anche Ken il guerriero, diventato un dipendente delle palestre Hokuto (ari-sic!) che diventa paladino dei lavoratori spiegando che anche lui vota Ingroia perché «chi ha tolto l’articolo 18 non merita nemmeno l’inferno» (augurare la morte direttamente alla Fornero forse sembrava cosa poco fumettistica a queste menti brillanti…). Effettivamente nel 199X, anno in cui si ambienta la saga postnucleare di Kenshiro i problemi seri erano proprio le palestre e i lavoratori…

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Ci si imabatte anche in Mafalda (ma non è minorenne?) che dice di votare RC (sembra Rifondazione Comunista ma è Rivoluzione Civile) perché vuole una scuola «pubblica e laica». Ancora: c’è (Paolino) Paperino (ma perché non chiamarlo Donaldo Papero?) che finalmente trova il coraggio di andare contro lo Zio Paperone e dichiara il suo voto per Ingroia & soci con questa motivazione: «aumenti, tagli e crisi adesso paghino i ricchi patrimoniale subito». Ma a questo punto perché non fare inneggiare il papero a fumetti più famoso del mondo all’espropriazione proletaria del deposito di Zio Paperone? Anche se il vecchio ricchissimo papero con la tuba avesse pagato una IMU molto salata, nel suo deposito di Paperopoli ce n’è abbastanza per evitare l’aumento di un punto dell’IVA e per ripianare il debito pubblico, no?

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Ci toccano anche un Peter Parker fotografo schierato con i portafogli più deboli (ma J. Jonah Jamson lo sa?): «arrivare a fine mese è più difficile che arrampicarsi sugli specchi è ora di dire basta!»; e un Clark Kent schierato con la libertà di stampa: «se la libertà di stampa significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuol sentirsi dire». Ecco qui, forse, l’alter ego giornalista del ragazzone di Kripton troppo preso da quello che succede a Metropolis non ha avuto il tempo di documentarsi sulle querele fatte da Ingroia ai suoi colleghi quando questi hanno scritto cose che il magistrato in aspettativa “non vuol sentirsi dire”. O forse agli arancioni ingroiati poteva sembrare troppo azzardato arruolare direttamente Superman. Avrebbero dovuto ricolorargli il costume o quantomeno il mantello.

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Ma la vettà più alta della creatività elettorale dell’ingroiata rivoluzione civile la tocchiamo con la discesa in campo degli X-Men. I pupilli di Xavier per aiutare la causa diventano un «comitato antirazzista» (si sa che da grandi poteri derivano grandi responsabilità no?) che giustamente professano «no al razzismo, per una società multietnica». Forse con questi testimonial d'eccezione però sarebbe stato il caso di cambiare “società multietinico” in “società multimutante”, così, giusto per non fare incazzare troppo Magneto.

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Ciliegina sulla torta, Corto Maltese «marittimo» («chi ha detto che non esiste l’isola che non c’è”, ma forse visti i tempi da lui ci saremmo aspettati di più un “salga a bordo, cazzo»): quando cercarono di apparentarsi il marinaio creato da Hugo Pratt quelli di Casa Pound successe il macello mediatico on line e sui giornali, ora che lo sequestrano gli arancioni di Ingroia, tutti zitti? Ora che Ingroia sequestra quasi tutto il pantheon del fumetto che conta, nessuno (o quasi, leggere Luca Boschi per credere) proferisce parola?

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All’arruolamento coatto di Ingroia e Rivoluzione Civile infatti non scampano, con risultanti altrettanto grotteschi, nemmeno un Hulk che l’IMU «ha lasciato al verde», il nonno di Heidi (il Signor Hessen) in versione «notav», un Homer Simpson antinucleare (pure questo… pure questo…), una Nonna Papera «contadina» che vuole sostegno per l’agricoltura (e un sussidio di accompagnamento per Ciccio, no?), un Wolverine «libero professionista» (e perché non rappresentante porta a porta di adamantio?). Gli ingroiati per fare campagna elettorale, nella migliore delle tradizioni antimafia, non risparmiano nemmeno i morti e così dall’ultimo round viene resuscitato anche Rochy Joe a cui, dopo averlo descritto come «pugile ed ex detenuto» gli mettono in bocca queste parole: «credo che il nostro sistema carcerario sia incivile». Nonostante la buona anima animata (ci perdoni il lettore il gioco di parole, gli spin doctor ingroiati ci ispirano…) di mezzo, e il messaggio in questo caso condivisibile, ci torna in mente che il sistema carcerario che Ingroia vuole cambiare è lo stesso in cui da magistrato in pectore ci ha mandato degli “innocenti” condannati “ingiustamente” per le stragi eccellenti di mafia. E così via. Gli ingroiati, fottendosene bellamente del diritto d'autore e della proprietà intellettuale, li usano praticamente tutti i personaggi dei fumetti e dei cartoni animati.

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In fondo, arruolare i personaggi dei fumetti o dei cartoni animati per la propria lista politica è uno degli esercizi di democrazia più alto che ci sia: mica gli eroi delle nuvolette si possono ribellare in alcun modo. E se casomai Ingroia dovesse perdere le elezioni potrebbe subito gridare ai brogli, sostenendo che gli eroi dei fumetti lo hanno votato tutti, ma proprio tutti e questi manifesti ne sono la prova provata a prova (ancora perdono per il gioco di parole…) di qualsiasi magistrato collega di Ingroia. A noi invece, miei cari amici fumettomondisti, ci tocca ingroiare anche questo e assistere a questo obbrobrio.

Ps: mi erano quasi sfuggiti «Tex e i suoi amici, militanti movimento omosessuale», e il Jeeg «metalmeccanico esodato». Stendiamo un velo pietoso.

Pps: Un velo pietoso invece non lo stendiamo sul dipendente comunale di Cremona Michele Ginevra, uno che da più di 15 anni si occupa di fumetto usando i soldi del contribuente, uno che siccome ha fatto la tesi di laurea sul diritto d'autore è diventato un espertone di diritto d'autore che non si perde alcuna tavola rotonda a tema nel giro che conta. L'esperto di diritto d'autore Michele Ginevra così commenta sulla pagina FB di questa obbrobriosa iniziativa ingroiata: «rilanciati! alcuni anche divertenti! ma qualche autore potrebbe anche protestare.... http://sonoioche.blogspot.it/2013/01/fumetti-e-cartoons-per-ingroia.html». That's fumettomondo, baby. Abbiamo gli espertoni che ci meritiamo. O forse è il fascino sinistro di Ingroia "salito" in politca a cui è difficile resistere, anche quando infrange quel diritto d'autore di cui si è presunti esperti...

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