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Moleskine #111 » La recchionata lucchese: Recchioni prima si vanta di avere cercato la rissa e poi si smentisce da solo
Moleskine #111
Appunti di viaggio nel mondo del fumetto, attraverso i suoi protagonisti e l'informazione di settore.
La recchionata lucchese: Recchioni prima si vanta di avere cercato la rissa e poi si smentisce da solo
di Giorgio Messina
Segue resoconto cronologico per immagini commentate della recchionata lucchese.
Alessandro Di Virgilio commenta così questo stato di Recchioni:
Fate caso al fatto che Recchioni non smentisce Di Virgilio che tira in ballo Luca Bertelè come fonte che racconta l’accaduto.
Il 6 novembre, lo racconto anche io l’accaduto in questo pezzo:
“A Lucca 2013 Recchioni ci insulta e cerca la rissa ma finisce solo per uccidere lo stile Bonelli”.
Attenzione: io ho 5 testimoni che hanno assistito alla scena.
Questa la reazione di Recchioni al sopraccitato pezzo.
Seguono richieste di chiarimento.
Continuano le richieste di chiarimento, Recchioni continua a smentire noi e se stesso.
Per chi non lo sapesse Francesco Fusillo è uno dei redattori di Comics Blog. Ma non parliamo di stampa berlusconiana. Questo è il fumettomondo. Chè mica Comics Blog è Il Giornale o Libero…
Ma che è successo davvero? Niente. Recchioni voleva menare le mani, tutto il resto è fiction, ma i problemi li hanno gli altri.
Ma se siamo persone con problemi allora perché la rockstar ci viene a cercare e ci invita a uscire fuori “per dirimere un’incresciosa questione nella maniera più antica e rispettabile del mondo”? Chi è più pazzo, Carnevale o chi ci va dietro? Mistero recchioniano…
Nel frattempo da un'altra parte di FB, precisamente sulla bacheca di Alessandro Di Virgilio, invece arrivano conferme che non era fiction.
A proposito di presunte querele, Recchioni insiste e spiega finalmente cosa lo agita del pezzo che ho scritto.
Nel pezzo definivo Recchioni come “pidocchio malriuscito” che è l’italianizzazione della seguente espressione dialettale siciliana: “pirocchiu malarrinisciùtu”. Si dice a uno che non vale nulla e si da delle arie. Visto che Recchioni si vantava di avere fatto “l’antico romano”, gli ho contrapposto il mio dialetto di appartenenza. Per fugare il campo da ogni dubbio recchionizzato: non ho problemi a ripetere tutto quello che ho scritto davanti ad un giudice, anche a Berlino, facendo sfilare anche i miei testimoni dell’accaduto. Io non tiro il sasso, me ne vanto e poi nascondo la mano dicendo che era "fiction".
Immaginate la scena di Recchioni davanti ad un giudice: “Signor Giudice io sono andato a cercare la rissa e non l’ho trovata ma nell’articolo che racconta l’accaduto sono stato definito pidocchio malriuscito e mi sento diffamato”.
La prima regola del fight club però è che il fight club non esiste. E infatti ecco arrivare la giravolta recchioniana.
Per chi non lo sapesse, Uwe Boll è il regista che ha trasposto per il grande schermo dei videogiochi e che per questo ha un rapporto conflittuale con i mass media e il fandom perchè accusato di aver rovinato molti videogiochi nella versione cinematografica. Il personaggio però non si è mai tirato indietro, affrontando l'opinione pubblica con metodi non ortodossi, come, nel 2006, quando sfidò apertamente i critici in un match di boxe (i quali accettarono e persero). Io no, non ho accettato il fight club. Perché appunto, il fight club non esiste.
E questo è tutto quello che è accaduto davvero a Lucca raccontato direttamente dalla parole del solito Roberto Recchioni, rockstar del fumettomondo, curatore di Dylan Dog autore di Orfani. Caso chiuso.
Ps: durante la discussione recchionizzata, riferendosi al sottoscritto, Claudio Stassi scrive:
Di Stassi, dopo i cosiddetti Stati Generali del Fumetto, si erano perse le tracce. Avevamo capito che era entrato nello staff di disegnatori di Dylan Dog. Cioè si è tutti rivoluzionari finché il sistema non ti accoglie a braccia aperte. Lo spirito sessantottino è duro a morire anche nelle nuove generazioni fumettomondiste. Qui Stassi interviene per dare ragione in modo molto “berlusconiano” al “capo” Recchioni. Peccato che Stassi si inventa però un po’ di balle (anche qui ho i testimoni che possono confermare). Da come la racconta Stassi, sembra che entrò con atto di forza al mio stand, quando invece fu lui a venire a cercarmi e a chiedere educatamente permesso di entrare perché voleva parlarmi. Cosa che fece molto civilmente e non disse mai “ci prendiamo a cazzotti”. E non ci fu alcun “dietrofront” del sottoscritto perché non accadde mai nulla di tutta questa eroica narrativa da fight club (infatti il fight club non esiste). Infatti io continuai a criticare le iniziative di Stassi a capo di questi presunti Stati Generali del Fumetto. Come ad esempio quando criticai la bozza del contratto ideale. Ma questo era prima che lo stile fight club andasse di moda anche retroattivamente.