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A... come Autoproduzione
di Paolo Procacci
Liberty, Factory, Kerosene, Perfect Trip... e tante e tante altre sono le sigle dietro cui si nascondono, il più delle volte, degli effimeri sfoghi fumettistici giovanili, ma anche, sebbene in poche e sporadiche eccezioni, dei lavori seri e, tra virgolette, professionali. Sarebbe interessante, e prima o poi forse troverò anche il tempo e lo spazio per farlo, tracciare una breve storia delle autoproduzioni italiche, ma la solita brevità richiesta dal nostro dittatore spirituale (Baldo) mi limita ad alcune piccole considerazioni, del tutto personali, che però spero servano da spunto per ulteriori discussioni future.La prima, e più evidente, considerazione è questa: gli autori che si cimentano nelle autoproduzioni, tranne pochissime eccezioni, non fanno parte dell’establishment fumettistico italiano, facendo di mestiere ben altro. Insomma sono degli “autori della domenica” che, per diletto e per passione, impiegano il loro tempo libero scrivendo e disegnando fumetti, non solo senza alcuna retribuzione, ma anche rimettendoci dei soldi per mettere in piedi delle strutture “editoriali”, se non improvvisate, quanto meno modeste e di limitatissime dimensioni (e taccio volutamente sui costi di stampa). Un hobby dunque, con tutte le restrizioni e le conseguenze del caso, portato avanti con enorme dispendio di mezzi e di energie al solo scopo di dimostrare alle “major” che anche loro esistono e sono capaci di scrivere e disegnare, e quindi di essere perfettamente reclutabili.
La seconda considerazione riguarda invece la non facile reperibilità dei fumetti autoprodotti: se si manca ad una delle mostre-mercato, bisogna armarsi di santa pazienza e fare il giro delle sette chiese (librerie) alla ricerca di quella, più unica che rara ultimamente, che non venda solo manga. A ciò aggiungiamo una periodicità balorda e la frittata è fatta, ossia le autoproduzioni si rivolgono non a dei semplice lettori, né tanto meno, come amano affermare i di lei autori, a dei veri intenditori, ma solo ad una piccola cricca di appassionati, non di fumetto, ma di masochismo estremo.
Altra considerazione: alcuni tra questi autori sono davvero bravi e bisogna dire che i loro nomi non sfigurerebbero accanto a quelli dei più famosi fumettisti. Anzi, alcuni di questi “autori della domenica” potrebbe benissimo prendere il posto di qualche professionista, ormai troppo preso a rimirare l’ennesimo premio, conferitogli dal solito salone internazionale, per un fumetto scritto o disegnato 20 anni fa. Altri però, la domenica dovrebbero davvero impiegarla per andare al mare risparmiandoci deliri fumettistici mal scritti e mal disegnati, trincerandosi dietro al credo, purtroppo oggigiorno sempre più diffuso tra i fumettisti mediocri, forse proprio perché consapevoli della propria mediocrità, che”... la validità artistica c’è solo nei fumetti sperimentali, in quelli cioè che violano sistematicamente leggi e regole dei fumetti standard”. Patetici! Leggi e regole dei fumetti standard, prima di essere violate sistematicamente, andrebbero come minimo conosciute e quanti possono affermare con sicurezza di conoscerle?
Ultima considerazione: la critica fumettistica ha un duplice atteggiamento nei confronti delle autoproduzioni. Quella ufficiale, che viene nutrita e sovvenzionata dall’establishment, i cui scritti assomigliano sempre più a dei curriculum vitae che a degli articoli, forse proprio perché frustrata dal clientelarismo che la lega a filo doppio all’establishment di cui sopra, sfrutta le autoproduzioni per far valere la cattiveria tipica del critico che non guarda in faccia a nessuno, distruggendo a piene mani e non lesinando commenti ironici, salvo poi rimangiarsi tutto quando qualcuno di questi autori bistrattati compie il grande salto (perché qualche volta accade) o trattando con i guanti quelle autoproduzioni che vedono al timone i mammasantissima del fumetto italiano. La critica fanzinara, invece, adora ed esalta le autoproduzioni, anche le più ignobili e scadenti, come il non plus ultra della produzione fumettistica italiana. Insomma per l’una è tutta mondezza, per l’altra è tutto oro. Come al solito la verità sta nel mezzo visto che nella mondezza, generalizzata e incontrastata delle autoproduzioni, ogni tanto qualche piccola pepita esce fuori. Troppo poco però per parlare di un filone o giustificare un intero movimento. Insomma... abbasso le autoproduzioni: parola di un “critico della domenica”, a cui ogni tanto manca qualche venerdì!
Epilogo:
Baldo (al telefono): A Pa’, ma non ti avevo commissionato un articolo “a favore” delle autoproduzioni?
Paolo (al telefono): A Ba’, ma quando mai io ho scritto qualcosa... “a favore”!