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I paradossi del marketing antimafia a fumetti
di Giorgio Messina
La nascita del fumetto di cronaca made in Italy, lanciato da BeccoGiallo, casa editrice trevigiana nata nel 2005, ha segnato l'affermarsi del fumetto impegnato con derive politicamente schierate e abbastanza individuabili. La linea editoriale che ha caratterizzato sinora BeccoGiallo sul piano squisitamente oggettivo dei risultati raggiunti dai volumi, è risultata pagante sia nelle vendite che nell’esposizione mediatica. Dimostrazione ne è soprattutto il fatto che il 60% di BeccoGiallo è stato acquistato da Alet circa un anno e mezzo fa. Nel settembre del 2006, sempre per i tipi di BeccoGiallo, esce “Brancaccio, storie di mafia quotidiana”, realizzato da Giovanni Di Gregorio ai testi e Claudio Stassi ai disegni, due palermitani, il secondo, all’epoca dell’uscita del volume, residente nel quartiere di Palermo che da il nome al volume, mentre l’altro trasferitosi a Barcelona da qualche tempo. Nonostante le loro radici palermitane e la buona padronanza della tecnica, sia scritta che disegnata, il libro a fumetti risulta a volte deludente e mediocre perché presenta una fiction di degrado urbano e sociale che poco ha a che fare con la mafia quotidiana indicata nel sottotitolo, raccontando una vicenda che si potrebbe svolgere in qualunque periferia di una grande città, non solo siciliana, ma perché non Roma, Taranto, Marsiglia e anche Barcelona, in Spagna, che è l’attuale residenza di entrambi gli autori. Don Pino Puglisi, il sacerdote martire assassinato dalla mafia il 15 settembre 1993, è il “testimonial d’eccezione” del libro e nel finale della storia si assiste al ribaltamento del messaggio di resistenza pacifica alla mafia lasciatoci dal presbitero nato nel 1937 proprio a Brancaccio. Il protagonista della storia a fumetti, il giovanissimo Nino, nel finale del volume, conclude così la sua lettera ideale scritta a Don Pino Puglisi (nella storia il prete è morto due anni prima): “Prendo il treno grande, quello che passa la notte. E a Brancaccio non ci torno più”. L’esatto contrario del messaggio veicolato da un prete coraggioso che si è opposto alla mafia e che sorrideva ai suoi killer un attimo prima che questi lo freddassero davanti al portone di casa. Don Pino Puglisi è morto proprio perché a Brancaccio c’è tornato nel 1990 come parroco della chiesa di San Gaetano e perché la sua opera di evangelizzazione non si è piegata alla famiglia Graviano che allora controllava il quartiere. L’attenzione di Padre Pino Puglisi, o 3P, come lo chiamano affettuosamente ancora oggi i suoi parrocchiani, si rivolse al recupero degli adolescenti già reclutati dalla criminalità mafiosa, cercando di riaffermare nel quartiere una cultura della legalità illuminata dalla Fede Il Brancaccio di Padre Puglisi era un quartiere dove tornare e rimanere, per cambiare le cose, non da cui partire via per sempre. Nell’introduzione del libro, Rita Borsellino scrive: “Se si rinuncia a comunicare, a mostrare l’alternativa al sistema criminale, se si rinuncia a raccontare e svelare, allora si rinuncia al cambiamento. E’ per questo che l’idea di un fumetto su Brancaccio mi ha subito colpito. Scegliere uno strumento di comunicazione come questo per ribadire alcuni valori, per mostrare l’alternativa e raccontare percorsi di un quartiere così difficile è importante”. Nella postfazione del volume, Rosaria Cascio, dell’Associazione “Padre Giuseppe Puglisi”, afferma: “Cosa aveva fatto Padre Puglisi? Decise di andare a Brancaccio (…) obbedendo alla Chiesa e al Vangelo. Andava là dove c’era bisogno. E a Brancaccio c’era bisogno”. Nella storia a fumetti contenuta nel volume, ambientata nel 1994, non v’è alcun riferimento alla cronaca reale legata all’omicidio del parroco di San Gaetano a Brancaccio. La storia si svincola dalla storia ufficiale, anche giudiziaria. Gaspare Spatuzza, che oggi è salito alle cronache nazionali, come pentito accusatore di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, nel processo di secondo grado istruito contro quest’ultimo per concorso esterno in associazione mafiosa, era insieme a Salvatore Grigoli l’esecutore materiale dell’omicidio di Padre Puglisi e per questo assassinio fu condannato all’ergastolo. Claudio Stassi, il disegnatore del volume, sul suo blog da un po’ di tempo a questa parte pubblica una serie strisce in cui riporta le dichiarazioni di Spatuzza, come se fosse un report a fumetti, tentando di coniugare l’antimafia con l’antiberlusconismo in cui la campana della verità della collusione tra Stato e mafia diventa un pentito, "improvvisamente converntito", accusato di sette stragi (ma lui non ricorda bene se sono sei o sette…) e quaranta omicidi tra cui, oltre appunto quello di Padre Puglisi, anche quello del piccolo Di Matteo, reo solo di essere figlio di un pentito e perciò strangolato e sciolto nell’acido quando pesava trenta chili dopo più di settecento giorni di prigionia. Il pentito Spatuzza davanti ai giudici ha dichiarato diverse volte che: “Graviano per me era come un padre e mi legherà sempre a lui un sentimento che va al di là della semplice amicizia”. Stassi invece sul suo blog scrive: “Nel mio quartiere vivevano i Fratelli Graviano, quasi di fronte casa mia. Non sapevo chi fossero ma sapevo che bisognava salutarli e con rispetto”. Queste cartoline per stranieri della mafia e della Sicilia, francamente, mi indignano. Questo raccontare al mondo che a Palermo siamo tutti inseriti nel sistema mafia e che tutti sappiamo (come se questa informazione fosse contenuta nel nostro DNA o nell’aria che respiriamo) chi bisogna salutare con rispetto anche se non sappiamo chi sia, è una mancanza di rispetto invece alla memoria di Padre Puglisi, ben più grave di prendere come oracolo di verità il suo assassino, il mafioso Spatuzza, e ben più grave di averne ribaltato il messaggio di Pace e Amore per farlo comparire come “guest star” in un libro che, al tirare delle somme, di antimafia ha davvero ben poco. Le cartoline però continuano e Stassi aggiunge: “Io lo sapevo, a Palermo tutti lo sanno, anche chi decide di votare certi personaggi, tutti lo sanno. Tutto inizia da Brancaccio”. Io conosco tanta gente che a Palermo, e a Brancaccio, non lo sa e invece sa bene cosa sia la legalità, l’onestà, l’antimafia quotidiana, quella vera, quella che non è marketing. Sulla tomba di Pino Puglisi, al Cimitero Monumentale di Palermo sono scolpite le parole del Vangelo di Giovanni "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13).