- Categoria: Critica d'Autore
- Scritto da Giuseppe Pollicelli
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Gesù gay e cattivo, ecco il fumetto-bestemmia
di Giuseppe Pollicelli*
Ci sono due fenomeni recenti, entrambi riguardanti il mondo giovanile, che meritano attenzione e vanno esaminati assieme, poiché strettamente legati tra loro. Si tratta in effetti di espressioni distinte di una medesima tendenza, riscontrabile - se non nell’intero Occidente - certamente nel nostro Paese. Il primo di questi fenomeni interessa il fumetto, un linguaggio notevolmente frequentato (forse più su Internet, ormai, che sulla tradizionale carta) da ragazzi e adolescenti. Da qualche tempo, dunque, si assiste a una fioritura di fumetti umoristici (di solito sono opere autoprodotte che solo in un secondo momento - in seguito al successo ottenuto on line - approdano all’editoria vera e propria) che prendono di mira in maniera molto pesante la religione cattolica. E lo fanno a 360 gradi, nel senso che a essere irrisi non sono solo gli esponenti più in vista della Chiesa, a cominciare dal Papa, ma anche i simboli, i sacramenti e i dogmi del cattolicesimo.
Precursori di questo filone sono stati, sulle pagine del mensile satirico “Il Vernacoliere”, lo sceneggiatore Emiliano Pagani e il disegnatore Daniele Caluri, i quali dal 2003 al 2011 hanno realizzato la saga di Don Zauker, un sacerdote esorcista con delle peculiarità assai eloquenti: violento, drogato, amante della pornografia, omofobo e razzista. Sono quindi arrivati, pressoché in contemporanea, il 35enne Davide La Rosa (specializzatosi, a partire dal 2011, in fumetti all’insegna di una marcata blasfemia come Zombie gay in Vaticano e Suore Ninja) e il 34enne Alessandro Mereu, in arte Don Alemanno, creatore nel 2012 di Jenus di Nazareth, un Gesù sceso per la seconda volta sulla Terra ma con il problema di aver perso la memoria nell’impatto con il nostro pianeta, fatto che lo induce a seguire i consigli del suo vecchio amico Angius - la cui qualifica è quella di Agnello di Dio - e a entrare in conflitto con un Benedetto XVI dai connotati mefistofelici.
L’ultimo componente di questa covata rappresenta anche il caso più clamoroso ed emblematico: parliamo di Gesù, un fumetto di Daniele Fabbri (testi) e Stefano Antonucci (disegni) che, nato nel 2012 come autoproduzione, vede ora riuniti i suoi primi tre episodi - capaci di vendere, singolarmente, varie migliaia di copie nel contesto di fiere e mostre mercato - in un unico volume brossurato, Gesù. La trilogia, edito da un’etichetta piccola ma professionale come la Shockdom di Brescia. Il Gesù di Fabbri e Antonucci è un incapace privo di morale e di scrupoli che, solo perché obbligato da suo padre (cioè Dio), torna periodicamente sulla Terra - dove abita il suo fidanzato, un transessuale di nome Patrick - per risollevare attraverso ciniche operazioni di marketing le sorti dell’azienda di famiglia, vale a dire la Chiesa. Nelle tavole di Gesù non manca davvero nulla, neppure le bestemmie (con una malcapitata Maria Vergine a cui fischiano di continuo le orecchie) e, prevedibilmente, si insiste moltissimo su luoghi comuni e facili generalizzazioni come la pedofilia tra i preti. Sia chiaro: in Occidente, in modi e con intensità differenti a seconda delle epoche e dei luoghi, la goliardia, l’anticlericalismo e un’irriverenza persino sacrilega sono praticati da secoli e vanno considerati positivamente, se non altro perché certificano l’esistenza della libertà di espressione.
A ciò va aggiunto che i fumetti di cui abbiamo finora parlato non sono per nulla brutti. Quale più e quale meno, mostrano un buon livello sia grafico che di scrittura. Lungi da noi, insomma, l’invocazione di censure. Ma è il caso di ragionare bene sull’opportunità e il senso di simili proposte. E soprattutto sul significato da attribuire ai sempre più vasti consensi che esse riscuotono tra i giovani. Partiamo da una constatazione. Gli elementi che accomunano questi fumetti sono due: un potente astio, quasi un risentimento, nei confronti della Chiesa, e la convinzione, negli autori, di essere molto trasgressivi e coraggiosi nel mettere alla berlina il cattolicesimo. Sono indicativi, al proposito, alcuni passaggi dell’introduzione di Gesù: «In ogni albo abbiamo cercato di mescolare ciò che a noi piace: risate, uno spruzzo di cattivo gusto, idee nuove, una storia e una totale mancanza di rispetto verso il culturame religioso cattolico, che continua a influenzare negativamente la singola vita delle persone prima ancora che la loro esistenza civica, politica e legislativa. (…) Questo è esattamente il nostro obiettivo, raccontare un modello di società in cui la religione sia una cosa talmente anacronistica da cancellarla». Intanto si può far notare a Fabbri e Antonucci che, attualmente, l’ultima cosa da fare se si vuol risultare eversivi è prendersela con il cattolicesimo, che è semmai un inerme agnello sacrificale.
Oggi sbeffeggiare Gesù non è da temerari, ma da pavidi e da conformisti: ci si dedichi piuttosto all’islam o all’ebraismo. Poi quest’immotivata acredine nei confronti della religione che è uno dei cardini della nostra civiltà - e quindi della nostra identità di italiani e di europei - è una spia inquietante del vuoto morale e culturale di cui l’Occidente è preda, e dietro a cui si cela un inesplicabile e ingiusto odio verso di sé. Un odio che trova una delle sue più terrificanti manifestazioni - e veniamo così al secondo fenomeno che volevamo affrontare - nella bestemmia ormai adottata quale normale intercalare da moltissimi giovani. Migliaia di ragazzi e di ragazze italiani (sì, anche ragazze) insultano ormai Dio o la Madonna con la frequenza e l’indifferenza solitamente riservati a un tic verbale. Queste bestemmie, fredde e inerti nella loro gratuità, prive di dramma e di dolore, sono la svalutazione più grande e più tragica non soltanto del divino (che è una categoria che esiste per tutti, per chi ci crede come per chi non ci crede), ma degli stessi giovani che le profferiscono. È come se questi ragazzi si sputassero addosso, e una cosa del genere non può non dare un acutissimo dolore.
*Articolo tratto da “Libero” del 18 maggio 2015. Per gentile concessione dell'autore.