Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
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Caso Sergio Bonelli-Trivulzio: sembra che fosse in gioco addirittura la reputazione del fumetto italiano

texwillerdi Giorgio Messina

Sostiene Michele Ginevra, del Centro Fumetto Andrea Pazienza, che chi si indigna perché il “nostro” Sergio Bonelli è stato scambiato dai mezzi di informazione per l’omonimo affittuario a prezzo agevolato dell’appartamento del Pio Albergo Trivulzio ha «capito perfettamente che la posta in gioco era ed è un'altra: la reputazione del fumetto italiano, tramite uno dei suoi più famosi rappresentanti».

Se davvero per una storia di affitti (risolta in un caso di omonimia) era in gioco la reputazione del fumetto italiano, allora ce la siamo già vista brutta un'altra volta e per faccende ben più gravi e Ginevra e gli indignati del web, (tra cui i Faraci, Cajelli, e Recchioni), sembrano non ricordarlo - gli ultimi due probabilmente, per una questione anagrafica.

E non si ricordano nemmeno che la storia non durò una manciata di ore, come è accaduto adesso per questo caso di omonimia, ma la faccenda finì in tribunale e si trascinò per qualche anno, ma all'epoca non c'erano blog, forum e indignati on line a segnare il battere dei minuti.

A quell’epoca Mani Pulite era lo tsunami politico-giudiziario che aveva già seppellito la Prima Repubblica. Sui muri appariva scritto: "Di Pietro facci sognare", e quelli del Pool sembravano la nemesi infallibile della politica, dei tangentisti e dei corruttori. Ma la furia di uno tsunami può fare anche vittime innocenti.

La Repubblica, 15/07/1994, pagina 2, articolo di Luca Fazzo: «L' ondata di arresti travolge un numero senza precedenti di imprenditori, di grandi manager, di commercialisti. "Stiamo scoperchiando il fondo di Tangentopoli", dice ai cronisti Antonio Di Pietro. Nel fondo di Tangentopoli, nell' elenco degli effimeri arresti di ieri, ci sono (…) il papà di Tex Willer, Sergio Bonelli, (…)».

Corriere della Sera, 16/07/1994, pagina 2, articolo di Gianluca Di Feo: «Sergio Bonelli, l' editore di Tex Willer e Dylan Dog, ha ammesso le contestazioni della Procura: trecento milioni versati dal suo commercialista Carlo Bozzali per addomesticare l' ispezione della Guardia di Finanza».

Nel 1995 si apre il processo. Ecco come lo racconta un articolo della cronaca locale di Brescia del 04/03/1995 (non vengono indicate testata e la firma del pezzo è una sigla - ndr):

Che  brutta storia (di mazzette) quella di Sergio Bonelli, editore e papa' di “Tex Willer”, adesso qui come un imputato qualunque per aver dato  300 milioni a un finanziere corrotto: “tmalediz...”. Quando si siede davanti al tribunale di Brescia quasi si scusa l'imputato Bonelli, tutto diverso dal suo eroe tutto muscoli e avventure. Dice: “Se fossi stato Tex Willer avrei avuto piu' coraggio. Invece non ero preparato e ho accettato di pagare”. Oddio, se fosse stato davvero Tex Willer magari non sarebbe finita cosi': accuse, interrogatori e adesso il processo. Una notte in guardina, forse. O una ramanzina severa dallo sceriffo. Piu' facile risolvere tutto con quattro cazzotti. Ma quelle sono storie a fumetti. E qui a Brescia dove il processo contro le Fiamme Gialle corrotte macina udienze su udienze, si fa sul serio. Con Bonelli imbarazzato, che si torce le mani, confessa e spiega mentre manda giu' bicchieri d'acqua quasi a voler scacciare l'amarezza di quella volta. Racconta, quei minuti terribili, l'editore. Ricorda l'arrivo del tenente Stolfo in azienda, le parole grosse, le minacce. E quei 300 milioni che vanno ai finanzieri “tper accelerare la verifica, anche se non c'erano irregolarita' nei bilanci”, conferma il commercialista di Tex, Carlo Bozzali. Ricorda, Sergio Bonelli: “Quel giorno (maggio '93, ndr) entro' in ufficio la segretaria. Mi stava dicendo che c'era la Guardia di Finanza, quando nell'ufficio irruppe il tenente Stolfo che mi mostro' il tesserino e mi disse che dovevano fare una verifica fiscale”. Mancano gli indiani (cattivi), la prateria, le cavalcate furiose, ma la scena che adesso dipinge Bonelli potrebbe stare benissimo in uno dei suoi fumetti, primo numero '55, e adesso 50 miliardi di fatturato, 40 dipendenti e  minuti 80 collaboratori. Dice, l'editore: “Sono stati i peggiori momenti della mia vita. Stolfo aveva un tono autoritario e duro. Urlava e mi apriva i cassetti della scrivania rovesciando tutto a terra. Mi vergognavo perche' dai cassetti uscivano vecchie cartoline, caramelle rimaste li' da chissa' quanti anni, altri piccoli oggetti personali e i fumetti di Zagor”. Un clima di terrore, racconta Bonelli: “Ero impietrito da questo clima da sbarco in Normandia che proprio non capivo. Scusate il riferimento ma ho bisogno di immagini, per raccontare”. E alla fine attraverso il suo commercialista Sergio Bonelli decide di pagare per far finire la “tortura”. Paga intimorito, racconta ai giudici del tribunale di Brescia. Paga quasi senza sapere, aggiunge: “Vedete, io faccio i fumetti e fino a 10 anni fa la contabilita' la teneva ancora mia mamma. Poi sono arrivati i computer. Ma io non ci capisco nulla, non distinguo una macchina stampatrice da un trattore...”. (f. pol.)

Fort Apache stava per cadere, quando… Arrivò la cavalleria e rintoccò l'ora della riscossa.

Corriere della Sera, 02/07/1997, pagina 15, articolo di Luigi Corvi: «Finanza e mazzette, una vittoria per gli imprenditori e una sconfitta per il pool. Con una clamorosa sentenza che ribalta le conclusioni del processo di primo grado, la Corte d'appello di Brescia ha assolto ieri sera tredici imprenditori che pagarono tangenti a uomini delle Fiamme gialle per verifiche fiscali addomesticate. Ufficiali e sottufficiali della Finanza (diciassette in tutto) sono invece stati condannati per concussione, mentre il tribunale li aveva riconosciuti - insieme con gli imprenditori - colpevoli di corruzione. (...) Tra gli imprenditori assolti dall'accusa di corruzione "perche' il fatto non sussiste" c'e' anche Sergio Bonelli, l'editore di Tex Willer. Per lui in tribunale il pm aveva chiesto l'assoluzione ma i giudici gli avevano inflitto un anno e sei mes (in primo grado - ndr)i.»

Una nota curiosa. Anche l'"altro" Sergio Bonelli, nello stesso periodo delle vicissitudini processuali del "nostro" Sergio Bonelli, per la precisione nel 1996, si occuperà di problematiche fiscali.

Corriere della Sera del 11/11/1196, pagina 47, articolo di Antonella Cremonese: «Sergio Bonelli, primario anestesista a Rho e segretario regionale della Cgil Medici, teme che le regole contro il doppio lavoro dei medici subiscano un rinvi' o all' italiana: "E' ora di fare pulizia. Si cerchi d' incentivare chi si dedica all' ospedale. Uno dei meccanismi (ma non il solo) e' la libera professione interna. Non c' e' da aspettarsi grandi guadagni, ma perlomeno otterra' l' effetto di combattere l' evasione fiscale, e di fornire le fatture ai cittadini". Ma Bonelli va piu' in la' : "Si distrae l' opinione pubblica parlando dei medici, e intanto nessuno parla dei criteri di "accreditamento" per le strutture private, che fanno la differenza tra le buone cure e quelle cattive o cosi' cosi' . Bene che il cittadino scelga. Ma chi fa l' offerta di cure deve garantirne la qualita' ".»

Ma torniamo al "nostro" Sergio Bonelli. Ora come allora tutto e bene quel che finisce bene. I buoni trionfano. La reputazione del fumetto italiano è salva. Ma cosa c’entri la reputazione del fumetto italiano con le vicissitudini private (e a volte giudiziare) dei propri famosi rappesentanti sembrerebbe un mistero buffo, che però trova rapida risoluzione nell'intestazione ad Andrea Pazienza del Centro Fumetto, coordinato da quello stesso Michele Ginevra, quello citato all'inizio.

Pazienza si faceva di eroina, e di eroina morì (e ci sarebbe anche da dire che umanamente non ne esce nemmeno tanto bene dal libro "Prima pagare e poi ricordare" di Filippo Scozzari  - Coniglio Editore - e da un intervista a Staino nel ventennale della sua morte). Ma la condotta privata dell'autore di "Pompeo", prematuramente scomparso nel 1988, non ha inficiato in alcun modo la reputazione del fumetto italiano, prova ne è il fatto che degli Enti Locali cremonesi hanno dato vita appunto ad un Centro Fumetto intitolato ad Andrea Pazienza. E affittare un appartamento, anche se a prezzi agevolati, non rientra forse nella condotta privata al pari di farsi di eroina o di dire una bugia per farsi dare 2 milioni per magari comprarsi la "roba"? E ancora: segurendo lo stesso metro di giudizio di Ginevra, nel pagare al Pio Albergo Trivulzio 600 euro di affitto per un appartamento in via Alfieri 17, centro di Milano, l'"altro" Sergio Bonelli, essendo un primario ospedaliero, ha forse rovinato la reputazione deila medicina italiana?

Salutiamo l'"altro" Sergio Bonelli, protagonista involontario del "qui pro quo", e auguriamo lunga vita editoriale al "nostro" Sergio Bonelli.

Domani, in fondo, è un altro giorno... anche per il fumetto italiano.

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