Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
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Don Zauker: Santo Subito

donzaukersantosubitodi Giovanni Gentili*

Il doppio fallimento di Don Zauker

l'albo è l'apice di ciò che vorrebbe criticare

Un racconto esile e senza comicità

Una trama esile, un ritmo narrativo noioso che si trascina per 46 pagine contenenti un'unica trovata ovvero il sovrapporsi di due piani temporali diversi a cui tutto il resto della narrazione deve sacrificarsi al solo scopo di ottenere la flebile sorpesa finale. L'opera di Emiliano Pagani e Daniele Caluri è stata sopravvalutata dalla critica fumettistica italiana, ma offre davvero poco per un prezzo di 12€.

Il personaggio Don Zauker alla prima prova in cui si misura con una storia lunga, rivela tutta la sua inconsistenza. Laddove nelle strisce riusciva ad ottenere risate grazie a brevi storie graffianti, in quest'albo lungo non riesce a strappare al lettore neanche un sorriso e mostra un vuoto di contenuti.

Anche dal punto di vista grafico, l'unica cosa da salvare dell'albo è l'inquietante copertina del bravissimo Carnevale.

Lasciando gli aspetti tecnici e passando ai contenuti, l'albo "Santo subito" non ha certo l'ambizione di dire veramente qualcosa riguardo alla complicata storia di Padre Pio.

Ispirandosi ad alcuni elementi delle vicende legate al santo di Pietrelcina, gli autori vorrebbero trarre tesi generali riguardo alla pericolosità della religione. Inoltre, e non sono i primi, cercano di puntare il dito contro lo sfruttamento economico dei miracoli e gli intrecci tra politica e clero, il tutto a partire dal profondo disprezzo per la presupposta "creduloneria popolare", disprezzo che facilmente si trasforma, nelle pagine di Don Zauker, in un ingiustificato e generico disprezzo per il genere umano.

Ma l'ambizioso meccanismo che tentano di mettere in moto a dir poco si inceppa, in quanto gli autori:

  1. non riescono a fare vera satira, politica o sociale, della società italiana, muovendosi solo per triti e ritriti stereotipi;
  2. attaccano superficialmente i miracoli e la Chiesa, in tutto tranne che nel loro vero significato, come vedremo nell'ultima parte.

Nel proseguo della recensione rifletteremo, quindi, sulle motivazioni dei due fallimenti appena citati.

Ma è vera satira?

La prima riflessione riguarda la satira.

Basta attaccare la Politica, la Chiesa e il "Popolo bue" per fare un'opera di satira? No, bisogna avere qualcosa da dire. Quest'albo, invece, non denuncia nulla, si limita a mettere insieme una serie di stereotipi tratti direttamente da "Porta a Porta" o da "Anno Zero".

Quale interrogativo etico ci pone?
Nessuno.

Definire cosa sia "satira" è davvero difficile. La Corte di Cassazione ha tentanto di dare una definizione in una sentenza del 2006:

"È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo, cioè, verso il bene."

La domanda è: può essere significativa, una satira che rimane "generica", non diretta a personaggi di potere, priva di un messaggio etico correttivo verso il bene?

L'attacco di Don Zauker non è incisivo e non si rinviene una qualsivoglia spinta etica. Non solo non si riscontra, infatti, nel messaggio degli autori una netta condanna alla violenza, agli abusi sessuali ascritti alla gerarchia ecclesiastica... anzi, si indugia proprio sugli elementi di devianza e volgarità.

Don Zauker vorrebbe mettere alla gogna un'Italia imbarbarita e sguaiata e, invece, finisce solo per incarnarne lui stesso l'esempio se non l'apice. Un'Italia che "odia" e non si fa domande di senso.

Dunque definire Don Zauker un'opera di satira sarebbe offensivo per chi fa vera satira prendendone in carico le difficoltà e la responsabiltà.

Tanto per citare un'altra opera a fumetti, ben altro senso e spessore di denuncia sociale avevano le storie di Alan Ford rispetto all'Italia degli anni '70. Tanto è vero che i primi 75 albi mantengono in molti casi intatti ancora oggi la loro raffinatezza e il loro valore satirico.

La volgarità è l'unico elemento presente a piene mani in Don Zauker al punto da far apparire, al confronto, quali opere di alto livello i cine-panettoni che parlano della società italiana di questi anni. Ma quando si è a corto di argomenti è una facile scorciatoia, per qualsiasi autore, ottenere "scandalo" rifugiandosi in classici accostamenti tra sacro e profano, tra elementi della fede cattolica e funzioni corporali: ad esempio, nel caso di Don Zauker, affiancare le "emorroidi" alle "stigmate".
Tutto qui.

Invece i comportamenti di Don Zauker sono talmente paradossali e palesi che è difficile persino rinvenire una seria critica verso la gerarchia ecclesiastica o verso la "creduloneria" popolare.

Chi scrive è certamente di parte, la parte della razionalità: chi può negare che oggi quello contro i cristiani è l'ultimo pregiudizio accettabile?

Il Papa ha recentemente detto che oggi siamo davanti ad

"un conformismo che diventa obbligatorio, pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e le sottili aggressioni contro la Chiesa, o anche quelle meno sottili, dimostrano come questo conformismo possa realmente essere una vera dittatura".

Ecco che anche la discussione su un miracolo o la venerazione popolare possono essere un dono offerto alla nostra riflessione e perfino un antidoto al conformismo e alle ideologie totalitarie.

Qual è la natura dei miracoli?

La seconda riflessione che vogliamo proporre riguarda i miracoli e la Chiesa, per approfondire cosa Don Zauker si propone di criticare fermandosi, tuttavia, ad un livello superficiale.

Nella quarta di copertina è riportato un passo di Dostoevskij tratto da "I Fratelli Karamazov", ma il senso è travisato. Viene, infatti, riportata una versione "tagliata" del passo originale, mentre appare importante ai fini di questa recensione inquadrare quel brano nel contesto in cui si trova nel libro.

Siamo in una delle parti più importanti del romanzo, ovvero nel Capitolo V della Parte II, in cui si narra di un ipotetico ritorno di Gesù Cristo sulla terra ai tempi della Santa Inquisizione. Il personaggio del "Grande Inquisitore" lo fa subito arrestare e in un bellissimo dialogo incentrato sulle tentazioni di Gesù nel deserto (Mt 4,1-11) si rivolge a Cristo criticando la libertà che Lui ha voluto dare agli uomini:

"E' possibile che Tu abbia realmente potuto supporre, sia pure un istante, che anche gli uomini fossero in grado di sopportare una simile tentazione? È forse costituita in modo, la natura umana, che possa rifiutare il miracolo, e che nei momenti tremendi della vita, nei momenti dei più tremendi, dei più laceranti e fondamentali quesiti dell'anima, possa rimanersene sola con la libera decisione del cuore? Oh, Tu sapevi che il Tuo gesto sarebbe stato conservato nelle scritture, avrebbe raggiunto le profondità dei tempi e gli estremi limiti della terra, e concepisti la speranza che, imitando Te, anche l'uomo sarebbe rimasto con Dio, senza aver bisogno del miracolo.
Ma Tu non sapevi che, non appena l'uomo rifiuti il miracolo, subito rifiuterà anche Dio, giacche l'uomo va in cerca, non tanto di Dio, quanto dei miracoli. E quindi, dato che rimanere senza miracoli eccede le capacità dell'uomo, questi si fabbricherà dei miracoli nuovi, a modo suo stavolta, e finirà nel genuflettersi dinanzi al miracolo del ciarlatano, dinanzi al sortilegio della ciana, fosse pure le mille volte ribelle, eretico e ateo.
Tu non sei disceso dalla croce quando Ti gridavano, pigliandosi beffe di Te: "Scendi dalla croce, e crederemo che sei Tu", Tu non sei disceso perché, ancora una volta, non volesti asservire l'uomo col miracolo, e bramavi una fede libera, e non una fede vincolata al miracolo."

Dostoevskij ci dice che anche un uomo mille volte ribelle, eretico e ateo alla fine cerca il miracolo. L'uomo ne ha bisogno, perchè gli fa paura la libertà. Per andare oltre i miracoli (quelli veri o quelli falsi che comunque uno finisce per fabbricarsi) bisogna cercare Dio.

Infatti la fede basata solo sui segni, ovvero sui miracoli, non è solida.

Basti pensare all'Antico Testamento in cui il Popolo d'Israele assiste a moltissimi eventi miracolosi e, nonostante ciò, ogni volta finisce con l'allontanarsi da Dio.

E questo è quanto la teologia cattolica insegna. Credere in una apparizione della Madonna piuttosto che venerare le reliquie di un certo santo non è una questione di fede, e di certo non è un dogma. La Chiesa le chiama "rivelazioni private" (vedere "CCC n.67").

La vicenda di Padre Pio, contraddistinta da innumerevoli indagini condotte dalla gerarchia ecclesiastica, è un'ulteriore dimostrazione di come la Chiesa si muova con attenzione in questi casi. In questo aver scelto nell'albo di citare le vicende di Padre Pio è praticamente un autogoal per gli autori (ad esempio vedere questo articolo sulle indagini del solo periodo 1960-1964 svolte proprio durante il Concilio Vaticano II, in un clima in cui diversi sostenevano come "arcaiche" le forme di fede popolare).

Cosa mostra in sostanza l'albo? Viene raffigurata la losca relazione tra un politico e un prelato, con alcuni documenti che vengono insabbiati in una banale storia di vicendevoli ricatti. Intanto Don Zauker inscena un commercio di pezzuole intrise di sangue (che vuole ricordare quello avvenuto attorno a Padre Pio).

Per evitare giacobinismi, occorre sottolineare che un prete o un politico sono esseri umani, e in quanto tali possono sbagliare.

Certo non è questo che dovrebbe scandalizzare ("chi è senza peccato scagli la prima pietra") mentre dovrebbe scandalizzare, in positivo, che ci siano così tanti sacerdoti e politici che ogni giorno cercano di aderire al messaggio cristiano e impegnano la loro vita in una difficile missione.

Certo è molto facile svalutare quanto c'è di grande e positivo nella Chiesa così come nelle nostre bistrattate istituzioni democratiche. Non si può trascurare la complessità delle cose: oggi la generalizzazione è da considerarsi una colpa grave che incide direttamente sulla speranza. Superstizione e ignoranza fioriscono quando non c'è più speranza. E la Chiesa potrà avere molti difetti ma rimane praticamente l'unica nella nostra società ad ostinarsi nel fare domande di senso e chiedere qual è la speranza che sorregge tutta la vita (vedere "Spe Salvi").

Chi abbia commerciato in pezzuole intrise di sangue di gallina, o commesso abusi ben peggiori, ha sicuramente sbagliato e va perseguito a termini di legge e senza alcun dubbio: dov'è lo scandalo in questo? Chi nel pensare alla Chiesa si ferma unicamente a contemplare gli errori di singoli sacerdoti o religiosi, oppure addossa varie colpe (contemporanee o storiche) direttamente al complesso della gerarchia ecclesiastica, molte volte evita in questo modo di confrontarsi veramente con il messaggio di Gesù Cristo e non si avvicina neanche lontanamente al significato che la Chiesa ha nella fede cattolica: una, santa, cattolica, apostolica. La Chiesa, nella sua definizione più ampia, è l'intero Popolo di Dio. La Chiesa è santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori. Dio è assolutamente geloso della libertà dell'uomo, e qui torniamo a ciò di cui parlava Dostoevskij.

Don Zauker si omologa al pensare al ribasso e alla superficialità proposta della società odierna, che rifugge la libertà e il dover riflettere (e scegliere) personalmente

*Recensione tratta dal sito UBC fumetti: LINK: http://www.ubcfumetti.com/italia/?20030

Per gentile concessione dell'autore e dell'editore.

L'opinione di Fumetto d'Autore la trovate QUI.

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