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Corto Maltese Marinaio e Camerata
di Giorgio Messina
«Ma da che parte sta Corto Maltese?» si chiedeva qualche tempo fa Umberto Eco. «Be', dalla nostra» rispondono i ragazzi di CasaPound che al personaggio tracciato dalla matita di Hugo Pratt dedicheranno un incontro il prossimo 14 gennaio, assieme al giornalista e attento conoscitore dell'artista veneziano Maurizio Cabona e allo scrittore Roberto Alfatti Appetiti, dal titolo evocativo "Camerata Corto Maltese".
È da questo promemoria per un incontro dedicato a Corto Maltese, raccontato in apertura dell’articolo di Antonio Rapisarda, prima apparso sul Secolo di Italia, e successivamente rilanciato anche da noi di Fumetto d’Autore, che iniziano i maldipancia di questi giorni per una parte del fumettomondo.
Giù le mani da Corto – dicono i guardiani della tomba di Pratt e del Marinaio -. Cabona e Alfatti Appetiti non capiscono nulla dell’universo prattiano, nell’opera dedicata al capitano di lungo corso e di ventura non è possibile rilevare tratti “destrorsi”, perché Corto non è di destra e non è di sinistra, ma è di sicuro antifascista, quindi – sempre secondo la gendarmeria della memoria prattiana – va da sé che una collocabilità ce l’ha comunque e palesemente, una sorta di trasversalità tendenziosa.
Quindi accostare “camerata” a Corto sarebbe una baggianata bella buona, come sostengono i veri fini conoscitori del corpus prattiano, come si ritiene Alessandro Di Nocera, sedicente esperto di Fumetto la cui penna è in forza a La Repubblica, edizione di Napoli. Il giudizio tranchant del critico napoletano sull’incontro organizzato da Casa Paound a Roma e sui suoi relarori basterebbe dunque ad archiviare senza necessità d’appello la faccenda, se non fosse per due motiviazioni che invece sono sfuggite bellamente e banalmente ai difensori d’ufficio della buonanima.
Primo: “Camerata Corto” è una provocazione riuscitissima e prova ne è il fatto che immediatamente i sacerdoti prattiani (e con questo termine non mi riferisco a chi Pratt lo ha vissuto davvero, ma a chi lo ha fatto proprio perchè non dovesse essere di nessuno) si sono subito affrettati a cercare di sigillare il vaso di Pandora onde evitare l’apertura del sudario e l’appropriazione indebita e ignorante del Marinaio Corto e siccome lo sanno tutti che Pratt e Corto si confondono nello specchio delle avventure del Marinaio, appropriarsi di Corto equivarrebbe anche a usurpare la memoria del maestro di Malamocco, che tutto è stato in vita, se non appunto assolutamente inquadrabile. Trasversale senza ombra di dubbio ma senza sbilanciamenti alcuni, se non quelli dettati dal momento del suo umore. Corto e Hugo sono dove meno te li aspetteresti. Quindi “Camerata Corto” non solo è una provocazione riuscitissima ma nel suo essere completamente riuscita assurge a provocazione anche colta e raffinata. E qui arriva il secondo punto.
Secondo: I maestri dell’interpretazione del Maestro veneziano citano biografie prattiane, passi del corpus delle avventure del marinaio, a suffragio delle proprie tesi ma di Corto tralasciano, il particolare più importante della semantica prattiana - forse per miopia del parziale che fa l’universale che credono di conoscere come le Vestali conoscevano il Fuoco Sacro: Corto Maltese è un Marinaio.
Senza entrare in dotte citazioni prattiane, e per farla breve, Corto è un Marinaio, figlio di Marinaio cresciuto nella marineria dei suoi tempi che è quella modellata sulla tradizione inglese che si basa su quattro punti cardinali: Comando, Gerarchia Disciplina e Ventura. Corto, come Pratt nella sua adolescenza africana continuata poi anche nell’esperienza della gloriosa Decima Mas, è cresciuto con una chiara idea di cosa sia la linea di Comando, pur rifiutando poi in età adulta ogni nazionalismo e imperialismo. Perché le due visioni non sono esclusive l’una dell’altra. Per la tradizione marinaresca proveniente dall’infida Albione, scuola dei sette mari, il Capitano di Vascello è il padrone del destino della ciurma di marinai, con diritto di vita e di morte su di essi. Per chi non riesce a vivere in mare dentro la Gerarchia e con la Disciplina richiesta per fare equipaggio ci sono solo quei ferri corti che daranno vita al celebre detto arrivato sin da noi.
E Corto non è forse Capitano di Vascello, Comandante di Mare, anche lui? L’orecchino del marinaio non è vezzo, ma segno di una tradizione, così come il berretto e la cappotta inglese con i bottoni ad alamaro sulle maniche sono un segno distintivo di riconoscibilità tra Marinai. il Capitano, non è solo un “grado”, una professione, ma è una posizione sociale che raggiunta, dura tutta la vita.
Corto, dunque, in Favola di Venezia dice giustamente che non hai detto “viva qualcuno”, ma allo stesso tempo non si sarebbe mai potuto rifiutare di dire durante la sua formazione marinaresca “Agli ordini, Capitano” davanti a chi ha il diritto e il lignaggio poseidonico di essere chiamato così e diventato egli stesso Capitano non potrà non dare ordini ai suo equipaggio, perché è questa la prerogativa di un Capitano di Vascello. E si è Capitani anche quando non si ha una nave e un equipaggio da comandare.
In assenza di queste tratti distintivi Corto negherebbe irrimediabilmente il suo essere Marinaio. E negando ciò si sbriciolerebbe l’universo prattiano che sull’essere marinaio di Corto si fonda e si regge. Perché è vero che Corto è disincantato della vita perché conosce bene il mare, è vero che è allergico a qualunque “sistema”, ma non può rifiutare, essendo esso stesso Capitano, il sistema che lo ha reso tale: i dettami della tradizione marinara. Si badi bene, qui la tradizione e la gerarchia militare non c’entrano nulla, tanto che, ad esempio, durante le sue avventure a Corto non sembra suscitare praticamente alcuna reazione la morte ingloriosa del glorioso Barone Rosso. Qui si parla di marineria nell’accezione di una tradizione lunga venti secoli, patrimonio dell’umanità, genitrice dell’avventura e di Corto Maltese stesso.
Cantava De Gregori: “anche se su imbarchi diversi, saremo sempre due marinai”. E Corto è Marinaio e se incontra un altro marinaio non dovrebbe stupire che i due, davanti ad una bottiglia di buon rhum, alla luce della candela della peggiore bettola di porto, possano arrivare a scambiarsi un confidenziale “camerata”, perché su una nave si divide tutto, dalla salsedine, alla branda, al maldimare. Questo è il cameratismo di mare, che ha tradizione molto antica.
Ed è in questa continuità della tradizione marinaresca che ritroviamo in Corto che si appalesa la perla rara protetta da una dura scorza. Il perpetrare le tradizioni non è forse un valore di “destra” che si contrappone alle ideologie progressiste? E rinvenendo in Corto questo valore di “destra”, ci sembra doveroso aggiungere che quella rilevata è una destra moderna, che rifiuta il nazionalismo e l’imperialismo e che oggi in Italia è individuabile nella destra finiana. Quanto era già avanti Corto.
“Camerata Corto”, dunque non solo è una provocazione riuscita ed elegante, ma anche un suo perchè semantico e se lo si rifiuta è perché non si è mai davvero conosciuto il mare e le sue tradizioni.
Perché Corto e Pratt sono così. Sono di tutti e sono di nessuno, non sono di destra e non sono di sinistra, sono trasversalmente universali, combatterono per quello che ritenevano giusto e morirono come avevano vissuto senza rinnegare mai le loro tradizioni. E solo dei veri marinai li possono riconoscere come “camerati”.
A ciascuno il suo Corto Maltese.