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Ci lascia Bruno Concina
[01/01/2011] » Se ne va uno degli ultimi galantuomini del fumetto italiano che dopo una carriera più che trentennale come prolifico e talentuoso sceneggiatore della Disney Italia, seppe reagire con grande dignità anche quando fu messo da parte un paio di anni fa dalla nuova gestione di Topolino.
Avevamo pensato di prenderci una giornata di festa, oggi su Fumetto d'Autore, ma il fumettomondo ha continuato a girare anche oggi, proponendoci purtroppo una cattiva notizia che ci fa tornare davanti alla tastiera con animo affranto: oggi, il primo giorno del 2011, se ne è andato Bruno Concina, storico sceneggiatore Disney.
Concina era forse uno degli ultimi galantuomi del fumetto italiano, e come tutti i galantuomini era in ingenuo e idealista, appartenente ad una generazione di autori che il tempo e altri millemila fattori ha smantellato senza tributargli la giusta "gloria", il giusto posto nella "Hall of Fame" del Fumetto Italiano. Siamo sempre troppo impegnati a celebrare i soliti tre/quattro nomi di grandi autori degli anni '70, e '80 che ci rendiamo conto di quanto abbiamo dimenticato nella nostra distrazione, quando muore un Bruno Concina "qualsiasi". E Bruno Concina non era uno qualsiasi e ricordarlo solo, sinteticamente, come l'inventore delle storie a bivi su Topolino per la Mondadori che faceva materiale Disney negli anni '70 e '80, sarebbe troppo riduttivo e forse nemmeno Bruno vorrebbe.
Concina era tante cose, ma soprattutto era un galantuomo, uno degli ultimi rimasti, dotato di tutta la sua ingenuità sognatrice e idealista, uno scrittore che non era solo sceneggiatore ma anche un sofisticato narratore nonostante riuscisse a farsi capire dai bambini di ogni età. E quel suo essere galantuomo e idealista di estrema dignità lo tirò fuori non meno di due anni fa. Era il gennaio del 2008 e Bruno, armato solo di penna come fosse un fioretto, iniziò ad attaccare quella Disney Italia che lo aveva messo da parte dopo 30 anni di onorato servizio di Topi e Paperi. Ma le aziende non sono persone, sono aziende e così Bruno Concina si ritrovò ad essere un nano contro un Gigante e a perdere furono tutti, compresi Topi e Paperi.
Qui su Fumetto d'Autore abbiamo deciso di ricordarlo riproponendo quelle due lettere che Bruno Concina aveva inviato alla Disney nel 2008, che fecero il giro della rete, fecero scalpore, alzarnono polveroni di solidarietà. Quello due lettere raccontano di Brruno Concina molto, se non tutto, senza sottacere quella battaglia per il diritto d'autore che per Bruno Concina era una questione di principio, una battaglia personale che non potrà mai più vincere.
La prima lettera di Bruno Concina alla Disney e ai mezzi di informazione:
Venezia, 21 gennaio 2008
Carissimi,
credo di dovervi due righe di spiegazione sul perchè riceverete questa lettera e la seconda, scritta col "copia-incolla" dopo di questa.
Tutti sappiamo che Topolino sta attraversando una grave crisi di vendite, di immagine e di stile dei personaggi addetti a confezionarlo (non uso a caso il termine "confezionarlo").
Gli amici giornalisti ai quali questa è diretta per conoscenza mi hanno confermato di averne già avuto numerose notizie indirette da varie fonti.
Tengo a sottolineare con loro e con tutti gli altri ai quali indirizzo queste righe che NESSUNA NOTIZIA MI E' PERVENUTA DA FONTE INTERNA AL GIORNALE, MA UNICAMENTE DA FONTI ESTERNE BEN INFORMATE. MOTIVO PER IL QUALE NON VIENE INFRANTO ALCUN PATTO DI SEGRETEZZA (PERALTRO MAI SOTTOSCRITTO SU QUESTO SPECIFICO ARGOMENTO ED EVENTUALMENTE RIGUARDANTE SOLO NOTIZIE APPRESE ALL'INTERNO DEL GIORNALE) NE' MIO PERSONALE NE' DI ALCUN ALTRO, DATO CHE SI TRATTA DI DATI NORMALMENTE CONOSCIUTI E ALTRETTANTO "NORMALMENTE" TACIUTI.
Sembra esista una giacenza di Tavole disegnate da pubblicare (e nemmeno questo è un "segreto" interno alla redazione) che ha reso necessario ridurre drasticamente il lavoro assegnato ai collaboratori esterni. Che sono sempre stati molto più che "collaboratori esterni", ma la vera spina dorsale, la struttura portante del giornale. Siamo stati noi, cioè, a "fare grande" Topolino, e sfido chiunque a dimostrare il contrario. Questo comporterebbe un minimo di lealtà da parte di chi è chiamato a confezionarlo. Un minimo di TEMPESTIVA informazione che è venuta completamente a mancare.
E' in corso una drastica riduzione del lavoro per i collaboratori esterni, molti dei quali, come me, si sono dedicati esclusivamente alla Disney e con i proventi (sordidamente tirchi) derivanti dal loro lavoro campano con le loro famiglie. Qualcuno, fiutato il vento infido, ha già trovato un secondo lavoro come CAMERIERE, altri emigrano con armi, bagagli e famiglia verso la Francia, altri ancora attendono o attendevano fedeli che la crisi si risolvesse, fedeli al loro posto: come avevo fatto io.
Poichè scrivo questa lettera a titolo personale, sarà bene dica due parole di presentazione su di me:
1) collaboratore da TRENTA ANNI E ALCUNI MESI delle riviste Disney
2) più di seicento storie scritte per le varie testate (sono forse settecento, ma voglio peccare per difetto)
3) inventore delle "storie a bivi", unica vera novità apparsa sul panorama del fumetto mondiale dalla sua prima uscita
4) inventore della serie "Macchina del tempo" (contemporaneamente ma del tutto autonomamente dall'altro inventore Giorgio Pezzin, una delle migliori penne della Disney, andatosene ormai da tempo, disgustato per il modo in cui veniva trattato)
5) inventore dei "DUCKIS", delle "MAGNIFICHE QUATTRO" e di altri personaggi ancora
6) traduttore di fumetti Disney dall'americano (periodo durato non meno di due anni)
7) conferimento della "COPERTINA D'ARGENTO" per la mia carriera di sceneggiatore disneyano (massima onorificenza che
attribuiva all'epoca la Disney), il secondo anno della creazione, subito dopo il conferimento della stessa al più grande sceneggiatore
disneyano mondiale Romano Scarpa.
Questo per fornire una breve panoramica delle mie attività presso la Disney.
Fedele alla Disney fino all'idiozia (mia), ho accettato di non avere alcun aumento di retribuzione (misera) negli ultimi cinque anni. Quello che contava era fare un lavoro ben fatto, al meglio delle mie possibilità, sia per amore dei personaggi sia per l'amore di questa azienda matrigna che non vi corrispondeva con altrettanta lealtà.
Una larga parte di noi ricorderà bene che, nella prima riunione che segnò il passaggio dalla gestione Mondadori all'assunzione in prima persona della Disney, l'allora Presidente Bertini (presente il Direttore Generale Virri) ci promise una PERCENTUALE SU OGNI SINGOLA RISTAMPA O TRADUZIONE ALL'ESTERO del lavoro da noi svolto. Esistono in vita almeno dieci persone in grado di testimoniarlo e, a richiesta precisa e netta dello scrivente sempre nel corso della stessa riunione, tale dato venne confermato.
Promessa che si rivelò poi del tutto infondata e che l'allora Presidente e Direttore Generale Umberto Virri negò, seccatissimo, fosse mai stata fatta, dandoci dei "bugiardi". Lascio a voi giudicare chi fosse "bugiardo".
Dopo lunghe lotte, ci venne concesso un miserabile 5% pagato a dicembre sulla quantità di lavoro svolto nel corso dell'anno. Un secondo contratto, due anni dopo, annullava anche questa concessione che sembrava quasi una carità.
Quando chiesi un aumento, dicendo che mi sarei accontentato anche di £ 3.000 "simboliche" a pagina, il responsabile dell'epoca (di cui, per discrezione, non dico il nome) mi disse che avrebbe considerato offensivo offrire "a una persona del mio valore" un tale ridicolo aumento. Evidentemente dimenticava che l'ultimo aumento era stato esattamente della stessa cifra.
Caricati di tutti i doveri: proporre e portare a termine un lavoro di ottima qualità...privati di qualsiasi diritto, se non quello di ricevere un piatto di ceramica a Natale.
Sollecitati a lavorare intensamente (basterà chiederne conferma al Direttore dell'epoca, di cui mi riservo su richiesta di fare il nome), stroncati nella produzione nei periodi di giacenze eccessive.
BENE! Comunque, il prodotto era ottimo... almeno fino a quando non ci si aggrappò ai computer, affermando ad esempio che "una storia simile era uscita negli anni '50". Si lavorava con passione e non solo per portare a casa la pagnotta...certo anche per quella. Ma più ancora per l'entusiasmo e un certo clima di simpatia che girava per la redazione.
Poi cominciarono ad apparire fatti sorprendenti.
Un mio soggetto venne approvato con DICIOTTO correzioni che lo snaturavano, svilivano, distruggevano... e che per motivi deontologici non volli fare. Lo stesso soggetto, parlandone tre mesi dopo con l'addetta alla supervisione, Dott.ssa Barbara Schwartz, passò SENZA ALCUNA CORREZIONE. Cioè, i DICIOTTO punti "fondamentali" corretti vennero tutti annullati e potei stendere la sceneggiatura come l'avevo prevista in origine.
Una storia natalizia di 36 (trentasei) pagine venne bocciata per UNA vignetta. Parlandone con la Direttrice Muci che non la ricordava, la storia la entusiasmò e ricordò di averla bocciata lei stessa PER QUELLA SINGOLA VIGNETTA. Le feci presente che una vignetta su trentasei pagine era meno di zero e che bastava cambiare quella. Approvò e la storia venne sceneggiata come l'avevo proposta, senza alcuna modifica a parte quella sciagurata vignetta.
Altri fatti? Critica di un soggetto dicendo che una cosa "era impossibile farla perchè il protocollo la impediva rigidamente". Rimandato il giornalista a una storia precedente in cui avveniva un fatto analogo ottenni come risposta... un costernato silenzio telefonico.
Ma i fatti si sprecano e per ricordarli tutti servirebbe un'enciclopedia.
E qui arriviamo al punto più divertente. Nell'assegnazione della quantità di storie realizzabili da gennaio a ottobre, vagliando la situazione dei singoli autori, a questa persona che scrive ("Copertina d'Argento", sei-settecento sceneggiature prodotte e TUTTE pubblicate meno quelle ancora giacenti), quante ne vennero assegnate? Dieci? Nove? Otto? Valutavo, data la crisi, un numero dalle cinque alle sei, anche avendo sentito altri numeri di storie assegnate a colleghi. Beh, mi fu comunicato che me ne venivano elargite DUE!
Una carità pelosa, come diciamo a Venezia, una deliberata provocazione o un insulto?
Si fosse trattato di attendere anche mesi senza lavorare, avrei potuto accettarlo. Essere trattato come l'ultima pezza da piedi, un povero vecchio cane tignoso, no.
Tuttavia possiedo un mio stile. Con la stessa gentilezza (stavo parlando con una persona educata e gentile, un amico imbarazzato per quanto mi stava dicendo e che era solo un portavoce) con cui le due storie mi venivano offerte, le rifiutai con la lettera che tra poco seguirà.
Perchè, allora, dopo il tono che spero troverete impeccabile della mia prima lettera, i toni aspri di questa? Perchè quei "signori", pronti a chiamarti quando avevano bisogno di te, non avvertirono neppure il dovere morale di una telefonata di ringraziamento per TRENTA anni di attività costante, fedele e di ottima qualità (e questo non me lo dico da me, ma lo affermarono loro nel conferimento di quella ormai famosa "Copertina d'Argento", ora sostituita da orribili topi verniciati di giallo).
I miei colleghi sceneggiatori sono sparsi per tutta Italia. Venezia, Roma, Napoli, Milano, Torino, La Spezia eccetera. Siamo una categoria disunita per necessità logistica, non certo per affiatamento e amicizia. Io dico loro: alcuni dei partecipanti a quella prima riunione ci hanno purtroppo lasciato per un mondo migliore (speriamo lo sia, almeno). Ma restiamo ancora in numero sufficiente (una quindicina) per poter testimoniare che alla prima riunione ci venne offerta una percentuale SU TUTTO IL VENDUTO IN RISTAMPA E SU TUTTE LE TRADUZIONI ALL'ESTERO. La testimonianza di ALMENO OTTO PERSONE E' VALIDA PER CONFERMARE UN CONTRATTO NON SCRITTO? E DICO OTTO PERSONE, PERCHE' SICURAMENTE QUALCUNO NON VORRA' METTERE IN PERICOLO IL SUO ORTICELLO O QUELL'OSSO CHE GLI VIENE ANCORA BENEVOLMENTE BUTTATO SOTTO IL TAVOLO E CHE SI PRECIPITA AD AZZANNARE. COSA DICE LA LEGGE IN PROPOSITO? VALE LA PAROLA DI OTTO-DIECI PERSONE CONTRO QUELLA DI DUE O FORSE DI UNA SOLA? UN CONTRATTO VERBALE, RIPETUTO E CONFERMATO SU RICHIESTA ESPLICITA DELLO SCRIVENTE, VALE QUANTO UN CONTRATTO SCRITTO O LE PAROLE SONO SOLO FLATUS VOCIS PRIVE DI SIGNIFICATO?
Odio le rivolte. Ma se mai ce ne fu una di sacrosanta, è questa. Venne mancato alla parola data, siamo stati adoperati come oggetti quando occorreva ed ora trattati con supponente degnazione... anzi NON trattati, dal momento che non siamo nemmeno degnati di una risposta.
Mi dice una fonte bene informata che la mia precedente lettera (che leggerete tra poco) non è stata l'unica. E che è in atto una "simpatica" e ipocrita congiura del silenzio. O dello struzzo: non vedo, quindi questo non esiste. Molto carino. Per questo, ingenuamente ma non troppo, ho indirizzato la prima lettera a quindici persone: pensavo che fosse difficile far sparire quindici lettere. Accipicchia, come sono ingenuo! Per questo, meno ingenuamente, ne informo adesso anche la stampa. Il "muro di gomma" è destinato a crollare, finalmente. Vediamo un po' se finalmente saremo giudicati degni di almeno un rigo di risposta o di una telefonata.
Una buona scusa? La direttrice di "Topolino", Valentina de Poli era a casa influenzata. Giustissimo e me ne dispiace. Tuttavia il giornale viene pubblicato ugualmente. Esistono altre figure che lo mandano avanti. Come mai NESSUNO di costoro ha sentito il bisogno di rispondere con una telefonata o una riga di email alla mia lettera?
Era una lettera gentile, che NIENTE chiedeva e non muoveva ALCUNA LAMENTELA. Vedere che nemmeno la cortesia, la gentilezza, l'umana comprensione contano minimamente, mi ha indotto a scrivere questa, che spero sia abbastanza dura per risvegliare qualcuno.
Ecco, comunque, copia della prima lettera da me indirizzata a QUINDICI persone della Disney. Dal Direttore Generale Publishing al Direttore Divisione Periodici, alla Direttrice (che purtroppo mi dicono influenzata e alla quale faccio i più sinceri auguri), al Vicedirettore, a due Caporedattori, a due Caposervizio e a giornalisti vari. O forse in Via Sandri c'era un'epidemia generale d'influenza da "gommite" (= muro di gomma)?
LA PRIMA LETTERA
IMPORTANTE
Venezia, 17 dicembre 2008
Cara Valentina,
ho parlato oggi con Stefano Petruccelli. Come sempre è stato gentilissimo: è una persona che stimo molto, oltre che per la sua educazione e intelligenza, anche per la sua serietà professionale.
Stefano mi ha detto che, da oggi a tutto ottobre, mi sono state assegnate due storie. Sinceramente, mi sono messo a ridere al telefono.
Capisco chiaramente che ormai a Topolino si nutre poca stima di me. Un grande disegnatore Disney (non faccio il nome per correttezza) ha detto una volta parlando di un altro grandissimo disegnatore (Romano Scarpa): "Non si può restare maestri per tutta la vita".
Parole sante.
Ti prego di credermi, quando ti dico che ti scrivo con l'affetto e la sincerità di sempre. Io ti voglio bene fin da quando eri quasi una bambina in segreteria e ti hanno rubato la borsetta in Sardegna, ricordi? Ci siamo stretti tutti attorno a te, solidali, ed Elisa è andata a comprarti una borsa nuova.
NO, non ti preoccupare, puoi leggere serenamente, in questa lettera non ti chiedo niente: anzi, regalo.
Vedi, cara Valentina, io sono un guerriero e sono abituato a battermi con le armi che mi trovo in mano. Fossi un giocatore di carte (non lo sono, per fortuna), giocherei con quelle che mi danno e seguendo le regole del gioco. Se le regole non mi andassero, mica pretenderei di cambiarle a mio favore: mi alzerei dal tavolo e me ne andrei, semplicemente.
Quindi non nutro assolutamente nessun rancore (che sarebbe ridicolo), ma solo sincera amicizia e comprensione per te e il tuo difficile ruolo.
Io, alla Disney, sono stato per un lungo periodo una Superstar (lasciamo perdere, per una volta, la falsa modestia). Non ti faccio un elenco del premio, delle mie invenzioni, dei personaggi nuovi, di storie che appaiono sulle antologie scolastiche... di tutto.
Però, buttare un osso guasto a un cane che attende mendicando sotto il tavolo di un banchetto, con due pezzetti di nervo attaccati... beh, non è il mio ruolo e nel mio carattere.
Forse avrete pensato: "Questo poveraccio ha lavorato per trent'anni e mezzo per noi, diamogli una caramella!". O forse, più sottilmente: "Quando vede l'offerta offensiva che gli facciamo, se ne va per conto proprio!". O forse, a calcoli fatti, restavano solamente due storie per me?
Comunque, mi dispiace, ma non posso accettare. Sai, siamo lontani da Milano (252 km per l'esattezza) ma tra noi le notizie corrono e so quante storie sono state assegnate ad alcuni miei colleghi. Indubbiamente varranno più di me.
Ma non era forse più dignitoso da parte vostra (scusami, non vi sto giudicando, esprimo solo una considerazione) dirmi che non servo più, come avete fatto con Lino Gorlero?
Vedi, cara Valentina, io sono povero: ho due paia di scarpe, due jeans (uno estivo e uno invernale, ma pulitissimi, li lavo molto spesso) e un paio di vestiti che non mi vanno più bene perchè sono ingrassato. Però mi chiamo Bruno Concina. E nessun Concina, almeno fino ad oggi, ha mai chiesto o accettato la carità. Forse io sarò il primo. C'è sempre una prima volta.
Non mi sembra il caso che io venga da te a Milano a supplicare, a mostrarti le bollette del gas, ad avere malori (come capitò qualche anno fa a un mio collega). Cosa potremmo dirci su questi punti? Certo, avrei piacere di vederti e salutarti di persona... ma il biglietto per Milano costa ormai più di quanto io possa permettermi di spendere. Smetterò di fumare, non comprerò più quotidiani, insomma spero che in qualche modo un panino e due fettine di mortadella non mi mancheranno.
Con la stessa gentilezza con cui Stefano mi ha offerto le due storie, le rimetto nelle tue mani. Penso che i miei ex colleghi saranno felici di avere un po' di lavoro in più.
Non è che mi si offrano molte alternative al lavoro con voi, lo sai bene. Ma non posso, per decoro personale, accettare un'offerta simile.
E adesso che la parte commerciale è terminata, posso finalmente dirti che ti voglio bene. Tuo
Bruno
Ritengo fosse una lettera cortese e, più che cortese, addirittura gentile per una persona che si vede presa per i fondelli e che, DOPO TRENT'ANNI di attività si vede frustrata, umiliata, presa in giro da un'offerta inaccettabile da qualsiasi punto di vista. Era talmente compromettente darle una risposta? Era così pericoloso, tanto da far temere di rischiare la scrivania? O si aspettava il ritorno della direttrice (mi dicono influenzata) per sollevare il telefono e chiamarmi? Ho TRE telefoni: casa, studio, cellulare. Sono reperibile in qualsiasi ora del giorno e della notte. Non si chiedeva nulla di più di un gesto cortese, davanti a un rifiuto necessariamente indispensabile per non abbassarmi al rango di chi mi faceva una simile proposta che oserei definire "oscena".
Ed è tutto. Stavolta non aspetto risposte: non mi interessano. Tuttavia ritengo che sia indispensabile che noi, sceneggiatori e disegnatori, tutti uniti, ci coalizziamo in un unico gruppo per ottenere quanto ci spetta di diritto per promessa formale. Le famose percentuali su ristampe e traduzioni, prima affermate solennemente e poi negate con un motto di stizza, sufficienza, arroganza dal Presidente e Direttore Generale Dott. Umberto Virri.
Cordiali saluti.
E, a differenza di altre persone, dato che non possiedo scrivanie dalle quali temo mi si si voglia staccare a forza, mi firmo
Bruno Concina
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La seconda lettera di Bruno Concina alla Disney e ai mezzi di informazione:
Venezia, 9 febbraio 2008
Il nano e il GIGANTE – Bruno Concina vs DISNEY
Uffa. È la terza stesura che faccio di questo messaggio. Le prime due erano carine, levigatine, pulitine... e orribilmente retoriche. Parlavo della dignità, delle scelte coraggiose, di come io avessi osato sfidare un colosso per una questione di principio. Lettere di una noia infinita.
Vuoti esercizi di bello stile. A rileggerle, inorridisco. Non per lo stile, ma perché ho capito che non centravano il problema vero. Erano lettere “fuori tema”.
Perché tutta la questione si risolve in una domanda e in un appello.
Domanda. Perché il Gigante si è rifiutato di dare una risposta su queste pagine a me e a quanti chiedevano una spiegazione? Non era tenuto a darla e infatti non l’ha data.
A Venezia abbiamo un proverbio “Chiedere è lecito, rispondere è cortesia”. Possiamo dire senza volerla offendere che la Disney, il Gigante, ha mancato di cortesia? Possiamo. E forse potremmo anche conoscere perché non ha voluto dire due parole in un’intervista telefonica alla quale partecipavamo Goria, Chendi ed io?
Poniamo il caso che vostra figlia o vostro figlio vi ponessero questa domanda, cosa potreste rispondere? Che, poverini, alla Disney erano troppo occupati per dedicare dieci minuti a spiegare la verità? Con un Direttore generale publishing, uno della divisione periodici, uno della rivista e ancora: un vicedirettore, due caporedattori, due caposervizio e quattro redattori?
Io una mezza idea ce l’avrei. Il Gigante sapeva che il silenzio era l’arma migliore. Infatti,
tutti quelli che gridavano “SOLIDARIETA’ A BRUNO CONCINA” sono già spariti come nebbia al sole e il nano è rimasto solo. La Disney è intelligente e sa come muoversi, a differenza di me che sono un emotivo, un viscerale, un ingenuo, un passionale, che dico sempre quello che penso e che chiedevo solo “Perché?”, come del resto chiedevate anche voi. Ha giocato la carta del silenzio e ha vinto.
Appello. La Disney ha vinto, ma... ne siamo proprio sicuri? Una multinazionale che si rivolge soprattutto a dei bambini ha l’obbligo morale della trasparenza è questo è mancato.
È mancato verso questo nano che scrive, ma è mancato anche verso di voi, nani fratelli miei. Chiedevamo gentilmente e abbiamo trovato il solito muro di gomma.
Mi chiedo: è giusto? A volte commetto l’errore di pensare. E stavolta ho pensato questo.
Siete tutti dei nani come me. Con la stessa indifferenza con cui sono stato schiacciato io, un giorno qualcuno potrebbe schiacciare voi. MA...
MA la Disney che tace, che rifiuta il civile confronto aspettando che questa piccola bufera in un bicchier d’acqua passi, che rimane indifferente alle cortesissime richieste di molti che sono suoi clienti, che non risponde a domande legittime, che chiede e ottiene 24.500 (ventiquattromilacinquecento) euro per una pagina di pubblicità... come reagirebbe se NESSUNO COMPRASSE PIU’ LA SUA RIVISTA PER UNA SETTIMANA, DUE, TRE, UN MESE, DUE?
E VOI come reagireste? Cadreste in crisi di astinenza o vi accorgereste che esistono ALTRE riviste, ALTRI giornalini e anche I LIBRI , che stimolano maggiormente la fantasia dei fumetti e, in proporzione, costano addirittura DI MENO? Farebbe male a un bambino leggere un libro?
A parte questo, di giornalini vecchi da scambiare a casa ne avrete a pacchi. Si può ben rinunciare a comprare una rivista per un periodo e degustarsi quei geni unici che furono Barks e Romano Scarpa.
MA...quale ditta sarebbe così masochista, sprecona, priva di senso di mercato da versare una cifra faraonica per farsi pubblicità su un giornale che ormai non vende più e ha il 90% di rese? Su un giornale invenduto?
E le felpe con gli stemmini, i gadget, altre riviste...? Che nel sarebbe del Gigante se rimanessero sui banconi, invenduti anche quelli? E se i mancati acquirenti scoprissero che esistono anche ALTRI marchi?
Ma complimenti al Gigante, per ora. Io, voi, siamo degli ingenui, il Gigante non lo è.
Sapeva come sarebbe finita.
Infatti dov’è finita, amici miei, la solidarietà promessa? Il Gigante aveva ragione a tacere!
TUTTO PASSA. E’ uscito un nuovo CD, danno un nuovo film interessante. Ciascuno penserà: io la mia solidarietà l’ho espressa. Cosa posso fare di più? Ma in fin dei conti che vuole, questo rompiballe di CONCINA? Ha cercato rogne? E adesso viene a piangere qui da noi? Se le sbrighi da solo.
Dirò anche di più. E se il senso della solidarietà a CONCINA è stato solo una bella frase, detta distrattamente? RIFLETTIAMO: perché cavolo CONCINA si batteva per la sua dignità professionale? Esiste ancora questo oggetto misteriosissimo, in un mondo dove sembrano contare solo le veline e trasmissioni tv spazzatura?
No, non è una persona che mira al decoro, a difendere trent’anni di seria professionalità.
È solo un presuntuoso arrogante che si sovrastima. E i riconoscimenti gli sono stati dati, l’averlo fatto lavorare per trent’anni con storie scadenti è stata solo una “svista”. Sarebbe stato così facile, per lui, andare a Milano, mostrare le foto del figlio, piagnucolare un poco e supplicare di avere almeno il doppio delle storie assegnategli...o una, una sola.
La mia brusca sincerità mi farà dei nemici (a me, che non ne ho mai avuti). Ma forse mi porterà anche qualche prezioso amico. La gente non vuol sentire la verità. La verità brucia, fa male, ti pone di fronte a te stesso, ti fa solo perdere tempo. TI FA RIFLETTERE.
Chissà quanti altri critici mi creo oggi, con questa lettera.
Ma io sono un ottimista. Forse qualcuno si riconoscerà nella mia voce. Forse qualcuno vorrebbe dire le stesse cose a qualcun altro e non le ha mai dette. COMINCI. Il difficile sta nel cominciare. Poi, quando tutti noi nani lo faremo, scopriremo che se noi abbiamo paura dei Giganti, anche i Giganti ce l’hanno di noi. Anche i Giganti finiranno per accettare un dialogo da pari a pari. Niente più astuti silenzi, ma voci che spiegano. Niente più false superiorità ma parità. Perché siamo tutti P-E-R-S-O-N-E. E le persone, ricche o povere, giovani o vecchie, maschi o femmine, hanno tutte pari dignità.
Ascoltatemi attentamente, per favore. Io NON chiedo la vostra solidarietà ASTRATTA: non serve a niente. NON chiedo la vostra solidarietà CONCRETA.
Mi batterò da solo contro il GIGANTE, anche se è ovvio che finirò schiacciato.
NON CHIEDO LA VOSTRA SOLIDARIETA’, MA NON LA RIFIUTO.
RINGRAZIO CHI ME LA OFFRE, LA ACCETTO VOLENTIERI E
VE NE RINGRAZIO, SE QUALCUNO ME LA VUOLE OFFRIRE.
Farà forse ridere qualcuno, la storia di un nano contro un Gigante. Ma io, il nano, non rido. Non sottovaluto la mia controparte. E’ potente, determinata, preparata, può pagarsi i migliori avvocati, tirerà la faccenda in lungo per anni e anni, è ricchissima. E TUTTAVIA PUO’ ESSERE MESSA IN GINOCCHIO PIU’ FACILMENTE DI QUANTO CREDA, COL SISTEMA CHE HO SUGGERITO. E SAREBBE DIVERTENTE. PIU’ GROSSI SONO, PIU’ FRACASSO FANNO CADENDO COL SEDERE PER TERRA.
In banca ho 860 euro (dall’altra lettera sono calati ancora), il Gigante centinaia di miliardi di dollari alle spalle. Ma non mi scambierei con nessuno di loro. Io conosco il significato della parola “libertà”. E’ facile da pronunciare, difficile da mettere in pratica. In trent’anni di lavoro non ho mai avuto bisogno di “leccare” nessuno. Ci sono state, in Disney, delle persone
serie e oneste che l’hanno apprezzato e mi rispettavano e mi trattavano da pari a pari, con la stessa dignità e rispetto che avevo io per loro. Eravamo P-E-R-S-O-N-E!
Vogliamo provare a fare un passo avanti tutti insieme, con costanza, coraggio, umiltà,
determinazione, perseveranza?
E credo di aver finito. Vorrei dare un amichevole suggerimento al Gigante. A volte anche loro ne hanno bisogno. Non spenda soldi a far esaminare questa lettera dai suoi Avvocati.
L’ho già fatta leggere al mio. Se il Gigante ci tiene, potremmo dividere la spesa a metà.
Bruno Concina
Alcune considerazioni a queste lettere, contenute in articolo del nostro Direttore Alessandro Bottero, all'epoca pubblicato su Fumetti di Carta, sono reperibili QUI.
Il ricordo invece di Luca Boschi potete leggerlo QUI.
Ciao Bruno, ci mancherai, e quando ci mancherai troppo, ti verremo a cercare in quelle storie a bivi che erano il fiore all'occhiello di una produzione unica e indimenticabile.